LA CHIESA ATTRAVERSO I SECOLI Parte 1

 

LA CHIESA ATTRAVERSO I SECOLI

 

             PRIMA PARTE:               Dai tempi apostolici all’alba della Riforma

 

                                                                        

                                                                  1.  INTRODUZIONE

 

            1.1.  Importanza per i cristiani della storia della Chiesa attraverso i secoli

 

            La storia della Chiesa ci mostra, attraverso i secoli, l’azione dello Spirito di Dio assieme al contrasto operato dall’avversario. Essa acquista grande valore per la spiegazione del presente, che può venir meglio compreso quando si abbia una conoscenza sia pur minima di ciò che è già successo. In 1 Corinzi 10:6,11 Paolo ci ricorda che gli avvenimenti passati devono servirci per evitare di ripetere gli stessi errori commessi prima di noi. Nel passato molti dei problemi che oggi ci assillano hanno già dato luogo a discussioni e scelte che sarebbe bene non ignorare. E alla luce della storia si potrebbero comprendere meglio anche i differenti credi e i differenti comportamenti delle varie correnti cristiane di oggi. A volte però si tende a stabilire un disinvolto corto circuito tra i tempi attuali e i tempi apostolici, ignorando di proposito i duemila anni di storia della Chiesa. Sarebbe utile invece che il cristiano imparasse a conoscere le linee principali della nascita e dello sviluppo del Cristianesimo, quasi come conosce le verità bibliche. Allora si sentirebbe parte di quel corpo di Cristo che comprende, con Paolo, anche Clemente, Policarpo, Bernardo di Chiaravalle, Agostino, Valdo, Francesco, Lutero, Calvino, Wesley, Carey, Booth e tanti altri.

            Chi studia la storia della Chiesa infatti non potrà più manifestare un denominazionalismo provinciale. Egli avvertirà il senso di unità del vero corpo di Cristo attraverso i secoli. L’incontro con i giganti del suo passato spirituale e la coscienza di quanto egli sia loro debitore lo renderanno umile. E allora diventerà più tollerante verso quanti dissentono da lui su elementi non essenziali, ma che, come lui, accettano le grandi dottrine fondamentali della fede, quali la morte espiatrice e la risurrezione di Cristo.

 

            1.2.   Premessa sul significato del termine “Chiesa”

 

            Prima di addentrarci nell’esame dello sviluppo del Cristianesimo attraverso i secoli, sarà bene chiarire alcuni concetti sul significato del termine “Chiesa”, attingendoli dal Nuovo Testamento.

            “Chiesa” deriva dalla parola greca "ekklesìa, che veniva usata per indicare le assemblee di popolo convocate dall'araldo (cfr. Atti 19:32,39, dove si parla del tumulto di Efeso: la parola usata nell'originale greco è appunto ekklesìa, che la Nuova Riveduta traduce "assemblea"). Il significato etimologico di questa parola greca è "chiamato fuori".

            La parola “chiesa” compare per la prima volta nel Nuovo Testamento in Matteo 16:18, nell'episodio della Confessione di Pietro. Gesù dice al discepolo: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere". Il termine compare ancora due volte in Mt 18:17, mentre non si trova negli altri tre Vangeli.

 

            La parola “chiesa” è usata in Atti 5:11 e 8:1,3 per indicare i primi credenti di Gerusalemme, quelli che in Atti 2:41 sg. sono definiti "coloro che avevano creduto, che erano stati battezzati, che stavano insieme, che rompevano il pane nelle case".  (N.B. La Diodati ha in Atti 2:47 la parola "chiesa", mentre la Nuova Riveduta ha "comunità". In realtà la parola "ekklesìa" manca in questo versetto nei manoscritti greci più antichi). In Atti 11:26 ci si riferisce alla chiesa di Antiochia, dove per la prima volta "i discepoli furon chiamati Cristiani"; la comunità locale di Antiochia è espressamente chiamata "la chiesa che era in Antiochia" in Atti 13:1. Il concetto delle varie chiese locali è chiaramente presente in Atti 14:23: "Dopo aver designato per loro degli anziani per ciascuna chiesa...”.

          In Atti 20:17 leggiamo che Paolo "da Mileto mandò ad Efeso a chiamare gli anziani della chiesa". Nel successivo v.28 l'Apostolo raccomanda agli anziani di “pascere la chiesa di Dio, che Egli ha acquistata con il proprio sangue". Esaminando il contesto, non sembra che in quella circostanza Paolo volesse chiedere agli anziani di Efeso di esercitare il ministero di pastori al di fuori della comunità locale. Di conseguenza, il termine "Chiesa di Dio" fu applicato al singolo raggruppamento di credenti di Efeso, nel quale tuttavia veniva raffigurata la Chiesa Universale.

 

            Il concetto di “Chiesa” nel suo significato universale viene sviluppato nelle epistole. Ecco alcuni esempi: "Io ho perseguitato la Chiesa di Dio", dice Paolo ai Corinzi (1 Corinzi 15:9). (Sappiamo che Paolo desiderava distruggere tutti i discepoli del Signore e che quando fu folgorato si stava recando a Damasco). "Iddio ha dato Cristo per capo supremo alla Chiesa, che è il corpo di Lui" (Efesini 1:22,23). "La Chiesa è sottomessa a Cristo" (Efesini 5:24). "Cristo ha amato la Chiesa" (Efesini 5:25). "Cristo farà comparire la Chiesa gloriosa davanti a Sé" (Efesini 5:27). Dice Paolo a Timoteo: 'Tu devi sapere come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità" (1 Timoteo 3:15).

 

            Su chi è fondata la Chiesa ? In contrapposizione al già citato passo di Matteo 16:18, utilizzato dai cattolici per asserire che la Chiesa fu fondata su Pietro, esaminiamo alcuni altri passi. Paragonando la Chiesa ad un edificio, Paolo dice: "Nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù" (1 Corinzi 3:11). Sempre usando il paragone dell'edificio, Paolo scrive agli Efesini: "Voi siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore" (Efesini 2:20,21). Pietro stesso raccomanda ai suoi lettori di "accostarsi a Gesù, la pietra vivente e preziosa", e di lasciarsi edificare su di essa come altrettante pietre viventi, per formare una "casa spirituale" (1 Pietro 2:4,5).

 

 

2.    LA CHIESA NELL’ANTICHITA’

 

              2.1. Il Cristianesimo e l’Impero Romano

 

       La nascita della prima Chiesa Cristiana si colloca a Gerusalemme, il giorno della Pentecoste, probabilmente nell'anno 30 (Atti 2:37 sg.). Il termine "Cristiani" fu usato per la prima volta, come abbiamo già detto, ad Antiochia (Atti 11:26). I dettagli sulle comunità cristiane del periodo apostolico sono deducibili dall'esame degli Atti degli Apostoli, delle Epistole e dell’Apocalisse. Si tratta di cose note sulle quali non riteniamo di doverci soffermare in questo studio. Vorremmo solo ricordare che quelle comunità erano afflitte da tutta una serie di problemi, dei quali, quando si parla di modello di chiesa neotestamentaria, dovremmo per lo meno tenere conto.

 

        Quando il Cristianesimo si affacciò nella storia, la metà occidentale del mondo conosciuto dagli antichi si trovava ordinata nell'Impero Romano. In principio lo stato romano non si preoccupò del Cristianesimo. Dal punto di vista dei Romani, che erano politeisti, non c'era quasi nessuna distinzione tra Cristiani ed Ebrei, e d'altronde il giudaismo era una "religione ammessa". Questo stato dì cose cambiò a partire dalla spaventosa persecuzione neroniana in Roma, che seguì al noto incendio della città nell'anno 64. Dal punto di vista del diritto romano, il “cristiano” prese ad essere considerato un “reo politico”, poiché per tutti gli abitanti dell’Impero, esclusi i Giudei, era un dovere la partecipazione al culto imperiale. Ovviamente, i Cristiani si rifiutavano di venerare l'imperatore e di invocare le divinità statali, e ciò costituiva un reato politico. Va ricordata in modo particolare la terribile persecuzione dei Cristiani sotto l'imperatore Domiziano (81-96), che pretendeva il titolo di "nostro Signore e nostro Dio".

            Sono poi da ricordare con orrore le terribili persecuzioni dell’imperatore Decio (250 circa) e dell’imperatore Diocleziano (303-305).

 

       Era piuttosto facile accusare i Cristiani. Nei casi di grandi sciagure, come inondazioni, terremoti, siccità, epidemie, i pagani ravvisavano in queste la punizione mandata dagli dèi perché si tolleravano i Cristiani, e presto risuonò il grido: "I Cristiani ai leoni!". Durante il processo ai Cristiani, i funzionari statali cercavano di persuadere gli accusati al rinnegamento del Cristianesimo. Se questo avveniva, essi venivano subito assolti e liberati; se invece persistevano nella loro fede, venivano condannati a morte (decapitazione, rogo, lotta con le fiere nel circo), oppure, nel migliore dei casi, ad una pena a vita (deportazione nelle miniere).

 

            2.2.  Il Cristianesimo diventa Religione dell'Impero.

 

            La svolta si ebbe sotto l’imperatore Costantino (306-337), quando, con l'Editto di Milano del 313, si passò dalla persecuzione violenta dei Cristiani alla tolleranza (che dopo poco si trasformerà in privilegio). Questo evento, indubbiamente positivo, ebbe però come conseguenza l’offuscamento di quella carica spirituale che aveva animato i martiri durante le persecuzioni.(Ricordiamo a tal proposito il detto di Tertulliano: “Il sangue dei martiri è il seme della Chiesa”). Inoltre, occorre tener presente che circa dall'anno 200 era maturata una sorta di istituzionalizzazione nell’ambito del Cristianesimo. Si erano cioè venute a formare delle forme ecclesiastiche stabili, con parecchi gradi di cariche, confessioni di fede e teologie ad esse connesse. Così, quando Costantino emette il suo Editto, si trova di fronte all'organizzazione capillare del Cristianesimo, con una struttura rigida e centralizzata. E’ la "Chiesa" intesa come organizzazione ecclesiastica, che gli storici definiscono come “Chiesa Veterocattolica", cioè “Chiesa Cattolica Antica”. (Ricordiamo che il termine “Cattolica” significa “Universale”). In parte questa trasformazione va attribuita alla necessità di opporsi in modo compatto alle eresie, di cui parleremo fra poco. Comunque, si assiste ad un graduale trasferimento alla Chiesa del tipo di amministrazione imperiale: provincia dell'impero = provincia della Chiesa, metropoli della provincia = sede del metropolita. La Domenica, per esempio, diventa giorno di riposo statale. Si opera un notevole sincretismo con le pratiche ed i riti pagani. Cioè, quando grandi schiere di pagani entrano a far parte della Chiesa (conversioni di facciata), sono assorbite dal Cristianesimo ufficiale anche molte idee e pratiche del paganesimo greco-romano (candele, processioni, incenso). Così succede che il politeismo pagano sopravvive, travestito da culto cristiano. Le divinità locali pagane sono sostituite dai santi cristiani (venerazione dei santi, delle reliquie, delle immagini, pellegrinaggi ai luoghi "sacri", culto della Vergine Maria). Il calendario viene arricchito con varie feste religiose. Per esempio, nel quarto secolo, la festa di Natale del 25 dicembre viene a sostituire la festa pagana del solstizio d'inverno, cioè la festa del dio Sole.

            I primi cristiani si adunavano di solito in abitazioni private. Dopo Costantino, cominciano a comparire magnifiche "chiese", a gara per grandezza e bellezza con gli antichi templi pagani.

 

            Per avere un’idea più precisa dell’introduzione progressiva nel Cristianesimo di certe pratiche che oggi riteniamo eminentemente cattoliche, possiamo considerare quanto segue:

 -  il culto dei santi ebbe origine nel secondo o terzo secolo;

 -  il papato romano, l'adorazione di Maria, il culto delle immagini nel quinto secolo;

 -  il monachesimo nacque con Benedetto da Norcia nel sesto secolo;

 -  la dottrina del Purgatorio risale a Gregorio Magno, alla fine del sesto secolo, e fu poi solennemente ribadita nel Concilio di Trento (sedicesimo secolo);

 -  il dogma della transustanziazione e l'obbligo della confessione auricolare risalgono al tredicesimo secolo,

 -  la preghiera del rosario ebbe origine nel tredicesimo e, nell'attuale forma, nel diciassettesimo secolo;

 -  la dottrina dell'infallibilità del papa fu elevata a dogma nel 1870;

 -  il dogma dell’Assunzione di Maria fu proclamato nel 1950.

 

      2.3. La lotta alle eresie

 

      Nel Cristianesimo dell'antichità, oltre alle "ombre", dobbiamo saper riconoscere anche le "luci". Non dimentichiamo che tra le strutture di quell'organizzazione gerarchica e politicizzata erano certamente inglobati innumerevoli "veri credenti", le pietre viventi di cui è formata la Chiesa di Dio. Per discutere di problemi dottrinali ed ecclesiastici, i Vescovi si ritrovavano in periodiche riunioni (Sinodi o Concili), le cui decisioni dovevano valere come suggerimenti dello Spirito Santo. Quando questi Sinodi si estesero a tutto l'impero (dopo Costantino), presero il nome di Concili Ecumenici ( da “oikoumene” = tutta la terra).

         Tra le eresie (dottrine false) del Cristianesimo dei primi secoli ricordiamo:

   -   lo Gnosticismo; sorta di dottrina mistica che negava l'identità tra il Dio dell'A.T. e quello cristiano. Derivava le sue concezioni dal dualismo orientale.

    -   l'Arianesimo; prende il nome dal presbitero alessandrino Ario. La disputa è attorno alla parità di essenza di Cristo con Dio Padre. Ario non negava che Cristo fosse il "Logos", ma considerava il Logos come la prima delle creature, e non lo faceva eterno come il Padre. Suo oppositore fu Atanasio, anch'egli vescovo di Alessandria. Quando fu riconosciuta la piena divinità di Cristo, la dottrina della omousia (omousia = unità di essenza) fu estesa anche allo Spirito Santo, e sorse così il dogma ecclesiastico della Trinità.

    -   il Monofisismo; questa dottrina sosteneva che in Cristo c'era una sola natura, quella divina. Risultato della disputa fu l'affermazione (dogma) delle due nature in Cristo (451).

            A questo punto fu evidente per i credenti ed i teologi che le dispute dottrinali non si potevano più risolvere con la sola ragione. Negli ultimi due casi citati, la lotta dogmatica finì con un mistero per la ragione: un solo essere divino e tre persone; due nature ma un solo Cristo.

 

      2.4.  I "Padri della Chiesa"

 

            I più eminenti studiosi (teologi) cristiani antichi sono noti col titolo onorifico di "Padri della Chiesa".

            Il nome di “Padre della Chiesa” trova le sue origini nel nome “padre” dato ai Vescovi, soprattutto in Occidente, per esprimere affettuosa lealtà, e che venne usato sempre maggiormente dal terzo secolo in poi per indicare i campioni dell’ortodossia della Chiesa e gli esponenti della sua fede. Lo studio della vita e delle opere di questi uomini, la maggioranza dei quali visse nel periodo che va dalla fine dell’età apostolica al Concilio di Calcedonia (451) viene indicato col nome di patrologia o patristica.

            Senza poterci addentrare nei dettagli, citiamo alcuni nomi: Clemente Romano, Giustino Martire, Clemente Alessandrino, Origene, Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Eusebio; e, in modo particolare, questi altri tre: Ambrogio, (m.397), vescovo di Milano, formidabile predicatore; Girolamo (m.420), il più grande erudito tra i Padri della chiesa (tradusse la Bibbia in latino dalle lingue originali ebraica e greca, nella versione nota come "Volgata"); Agostino (m.430), definito "il più importante dottore della chiesa tra Paolo e Lutero" (elaborò la dottrina del peccato e della grazia; tra le sue opere sono da ricordare "Le Confessioni" e "La città di Dio").

 

3.   IL CRISTIANESIMO NEL MEDIOEVO

 

          3.1.  La “conversione" al cristianesimo dei popoli germanici e slavi

 

            Accanto alle invasioni barbariche, la cristianizzazione di alcuni popoli barbari, come i Visigoti, i Vandali, i Burgundi, gli Ostrogoti, seguita poi dagli abitanti della Britannia e della Scozia, infine dagli Ungari, dai Polacchi e dagli Scandinavi, dai Bulgari e dai Russi, fu dal V al X secolo un fenomeno di imponenza eccezionale. Oggi siamo portati a dubitare e sorridere di queste "conversioni" di massa. Sappiamo infatti che l'adesione alla Chiesa da parte dei capi, talvolta evidenziata col rituale del battesimo celebrato in gran pompa, era dettata da ben meditati calcoli politici. I popoli seguivano poi passivamente le scelte dei loro capi. Quanti furono fra loro i credenti veri, quelli personalmente conquistati e cambiati dal Vangelo, non ci è consentito sapere. La storia riferisce le vicende dei potenti e delle masse; gli umili restano nell'ombra.

 

            3.2.  Il Papato

 

            Il primo vescovo di Roma che si può chiamare "papa" è Leone I Magno (440-461). Egli formulò in modo reciso e coerente la teoria del primato papale, giustificandola con la "successione apostolica" ed appoggiandosi a vari passi evangelici (Matteo 16:18; Giovanni 21:15-17; Luca 22:32). (A Leone I va attribuito il grande merito di essere riuscito a fermare Attila e gli Unni sul Mincio, nell’anno 452).

         In seguito i papi affermarono il potere temporale (possesso legittimo di territori) giustificandolo con la cosiddetta "Donazione di Costantino", rivelatasi in seguito un falso. Anche Carlo Magno (incoronato nell’anno 800 imperatore del Sacro Romano Impero), senza rendersene conto, contribuì a sviluppare ulteriormente il potere papale. Quando il papato fu coinvolto nelle lotte della nobiltà romana, furono gli imperatori tedeschi ad intervenire a suo favore. Si manifestò subito però una divergenza sulle nomine ecclesiastiche (il papa e l'imperatore accampavano entrambi il diritto di nominare i vescovi o i rettori delle abbazie). Fu quella la "Lotta per le Investiture", di cui l'episodio più noto è quello di Gregorio VII ed Enrico IV, con l'umiliazione di quest'ultimo a Canossa (1077).

      Al culmine del Medioevo, il papato aveva raggiunto una incomparabile pienezza di potenza e una straordinaria coscienza della sua forza. Secondo una espressione di Innocenzo III (1198-1216), il papa è, sì, "più piccolo di Dio", ma è "più grande di ogni uomo”. Egli non è solo il successore di Pietro, ma è anche il governatore della terra per conto di Cristo e di Dio. Giudica tutti ma non può essere giudicato da nessuno. Nei suoi atti ufficiali è impeccabile e infallibile.

 

            3.3.   L'espansione dell'Islam e le Crociate

 

            A partire dal VII secolo gli arabi islamici cominciarono a conquistare le province della Siria, dell'Egitto e dell'Africa Settentrionale. Si consumò così, senza grandi violenze, la più grave catastrofe che abbia colpito la cristianità. Nei secoli successivi l'Islam si attestò in Sicilia e conquistò anche la Spagna. Dalla penisola iberica l'Islam fu poi respinto dopo una lotta secolare che si concluse con la caduta di Granada, nel 1492.

            Per più di 750 anni il baluardo del Cristianesimo contro l'Islam era stato l'Impero Romano d'Oriente, con capitale Costantinopoli. Ma anche Costantinopoli cadde, sotto i colpi di Maometto Il, nel 1453.

            Nel culmine del Medioevo la cristianità occidentale tentò con poderose "crociate" (8 in tutto, dal 1096 al 1270), di togliere all'Islam la "Terra Santa" e le altre terre del Mediterraneo orientale. I motivi politici ed economici di fondo evidentemente prevalsero sulle magniloquenti motivazioni di facciata, del tipo "Dio lo vuole!". Ma, malgrado incalcolabili sacrifici, il tentativo di sottrarre quei territori agli Islamici non ebbe successo durevole.

 

            3.4.  I "Secoli bui" e il Monachesimo

 

            Furono quelli tempi assai difficili per la gente comune. I soprusi e gli egoismi dei ricchi affondavano i poveri nella più tremenda miseria (è l’epoca dei "servi della gleba"). L'ignoranza era pressoché generale e la superstizione dilagava. Quanto alla Bibbia, fondamento della fede cristiana, il popolo analfabeta sapeva forse solo che esisteva, e la considerava un libro dotato di strani poteri. Le sue storie venivano talvolta spiegate ai fedeli convenuti sul sagrato mediante scene riprodotte nei bassorilievi delle facciate delle chiese ("Biblia pauperum" = Bibbia dei poveri). Ma in questo immenso deserto di ignoranza e di miseria, viene in evidenza e si espande il più straordinario fenomeno religioso, sociale e culturale del Medioevo: il Monachesimo. In Italia il primo monastero fu quello di Montecassino, fondato da Benedetto da Norcia nel 529. La regola stabilita da Benedetto era "ora et labòra, cioè “prega e lavora”. Sono notevoli le benemerenze che i monasteri ebbero in campo economico e sociale. Ma soprattutto essi ebbero l'enorme merito di salvare e trasmettere ai posteri quel che rimaneva della cultura antica. E quei monaci, insieme alle opere classiche (Cicerone, Orazio, Tacito, ecc.) copiarono e ricopiarono anche gli Scritti Sacri, con un lungo, paziente e scrupoloso lavoro. E quelli che sono giunti fino a noi sono proprio i loro manoscritti!

            Certamente dominava in molti chiostri medioevali l’orgoglio spirituale, la rozzezza e una desolante superstizione. Ma, d’altra parte, è derivato dal monachesimo medioevale un considerevole approfondimento ed una interiorizzazione della vita religiosa. Campione di questa interiorizzazione (chiamata mistica, da una parola che significa “chiudere gli occhi”) fu Bernardo di Chiaravalle, nato presso Digione in Francia e morto nel 1153. La mistica di Bernardo si eleva, per via della sua esperienza interiore  -  quella della contemplazione appassionata  -  verso il suo oggetto, ossia il Signore, e culmina nell’unione dell’anima con Cristo, il Logos. Dalle sue prediche emanavano la pietà, l’unzione, l’umiltà, la viva coscienza dell’indegnità umana e della trionfante potenza della grazia.

            Al vertice della pietà medioevale sta il più grande “santo” del XIII secolo, Francesco d’Assisi (m. 1226). Egli fu illuminato dal passo dei Vangeli dove Gesù affida la “missione ai dodici”, che udì leggere durante una funzione religiosa nella chiesa della Porziuncola, e che costituì poi il suo ideale: l’imitazione di Cristo nella povertà e nella predicazione errante. Tipico è il suo religioso e lirico senso della natura, che egli esprime nello stupendo “Cantico delle Creature”, un capolavoro insuperato, aereo e ardente preludio a tutta la poesia italiana. (“Laudato sii, mi’ Signore, con tutte le tue creature  -  specialmente messer lo frate Sole  -  il quale reca il giorno e illumina noi.  -  Ed egli è bello, e raggiante, con grande splendore:  -  di Te, Altissimo, porta significazione...”).

            A differenza dell’ordine francescano, quello domenicano, fondato da Domenico di Guzman (m. 1221), nasce esplicitamente con l’intenzione di servire la Chiesa nella lotta contro le eresie. I domenicani diffusero con prediche e scritti, nei monasteri affidati alla loro guida e nei circoli laici cittadini, la religiosità mistica. I centri principali di questa mistica furono i chiostri domenicani del Reno, specialmente a Colonia e a Strasburgo.

 

 

            3.5.   Lo Scisma tra la Chiesa Orientale e quella Occidentale

 

            Nel 1054 matura la separazione tra la Chiesa Orientale (Bisanzio-Costantinopoli) e la Chiesa Occidentale (Roma). I motivi sono: divergenze politiche, ecclesiologiche e dottrinali. Roma scomunica la Chiesa Orientale e questa risponde con una contro-scomunica. La situazione di frattura si accentua in seguito alle Crociate (massacro di cristiani orientali, saccheggio di Costantinopoli). La scomunica contro la Chiesa Orientale sarà revocata da Roma solo durante il Concilio Vaticano Il (1965).

 

 

            3.6.   La "Scolastica"

 

            Viene definito "Scolastica" il sapere ecclesiastico che dominò dall'anno 1100 fino all’Umanesimo e alla Riforma. La Scolastica abbracciava tutti i rami del sapere medioevale, ma era in primo luogo Teologia. Era legata rigidamente ad alcune norme insuperabili (Sacra Scrittura, dogmi) e, in secondo luogo, alla scienza dell'antichità e specialmente alla filosofia di Aristotele. Tra i cultori della Scolastica ricordiamo: Anselmo d'Aosta (m.1109), Pietro Abelardo (m.1142), Tommaso d'Aquino (m.1274), Guglielmo di Ockam (m.1349). Come modello poetico di dottrina scolastica citiamo la "Divina Commedia" di Dante Alighieri (m.1321).

 

 

            3.7.   La pietà popolare e il culto nel Medioevo

 

        Negli usi popolari si intrecciavano fede e superstizione, poiché la credenza nei diavoli, negli spiriti maligni, nelle streghe, aveva una straordinaria forza. Le divinità pagane sopravvivevano, stranamente trasformate, nella fede popolare. L’uomo del medioevo godeva di un’intensa eccitabilità spirituale. Si spiegano così le visioni e i miracoli dei “santi”, l’entusiasmo per le crociate, gli eccessi dei flagellanti. Le rappresentazioni delle pene infernali e delle fiamme del purgatorio avevano una tale incontenibile forza, che era frequente un brusco cambiamento dalla prepotente gioia di vivere alla rinuncia al mondo e alla incessante preoccupazione per la salute eterna.

        Nel culto ufficiale della Chiesa Cattolica furono annoverati, a partire dal XII secolo, sette sacramenti: battesimo, cresima, eucarestia, penitenza, estrema unzione, ordine sacro e matrimonio. Di questi, l’eucarestia e la penitenza erano i più importanti. L’eucarestia (da una parola greca che significa ringraziamento, e che corrisponde alla “messa”) costituiva il punto dominante di ogni servizio divino. Essa racchiudeva in sé il mistero della incruenta ripetizione del sacrificio di Cristo. Il Concilio Laterano del 1215, dopo secoli di discussioni, fissò definitivamente il dogma della transustanziazione: cioè il pane e il vino, pur mantenendo inalterato il loro aspetto esteriore, si trasformano miracolosamente nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo. Da quel momento la liturgia della messa divenne una costruzione lussureggiante, in cui i particolari del rito si susseguono in un incedere maestoso, e dove si alternano preghiere, antifone, canti, genuflessioni, segni di croce, fino al momento in cui il sacerdote, pronunciando le parole dell’istituzione della Santa Cena, compie il miracolo e offre il sacrificio.

       Quanto alla penitenza, ricordiamo che era composta di tre momenti: pentimento, confessione, soddisfazione (che significava scontare la pena imposta dal sacerdote). A un certo punto fu introdotto il concetto che la pena poteva essere sostituita da un’oblazione in denaro per la chiesa (oppure dalla partecipazione alle crociate, o da un pellegrinaggio a Roma). Questi condoni delle pene vennero chiamati indulgenze (ne parleremo più avanti).

         Il culto dei santi sorse dalla naturale venerazione che la chiesa antica aveva per i suoi martiri. A un certo punto si introdusse la convinzione che i martiri della fede, in virtù del loro eroismo, potevano intercedere presso Dio per i loro fratelli più deboli e peccatori. Ma la prassi del culto dei santi accolse e sanzionò tutte le piccole pratiche derivanti dal politeismo soppiantato ma non distrutto. Una conseguenza fu il culto delle reliquie. Il VII Concilio di Nicea (787), vietando di celebrare la messa sopra un altare che non contenesse reliquie, diede un grande impulso alla loro ricerca, al loro commercio e alla loro falsificazione. Nella prassi ordinaria del cattolicesimo il culto delle reliquie non si distingue dalla superstizione pagana degli amuleti.

          Il culto di Maria Vergine si riconnette al culto mediterraneo delle dee madri. Ma la dottrina mariologica ha le sue radici nell’idea dell’incarnazione di Gesù: la “Parola” che era Dio, è stata fatta carne. La donna che gli ha dato i natali può dunque dirsi, con un paradosso che non voleva essere irriverente, la “madre di Dio”.

 

          3.8.   L'Umanesimo

 

          Nel XIV e XV secolo si diffusero dall’Italia un nuovo spirito e una nuova mentalità, chiamati "Umanesimo", che miravano alla rinascita dell'antichità classica nella letteratura e nell'arte. Poeti e artisti cominciarono a studiare gli antichi e ad imitarli, prima le opere dei Latini e poi quelle dei Greci. Risorse così, in una certa misura, una visione "pagana" del mondo.

          Non dappertutto, però; infatti all'estero i migliori umanisti dedicarono grande impegno all'opera di rinnovamento della Chiesa. Un dotto tedesco (Reuchlin, m.1522) regalò alla scienza la prima utile grammatica ebraica, poderoso lavoro preparatorio per la Riforma. Erasmo da Rotterdam (m.1536) preparò la prima edizione a stampa del Nuovo Testamento in greco (1516).

          L'Umanesimo però fu incapace di un rinnovamento energico della Chiesa. Un rinnovamento poteva soltanto venire da una forte religiosità, non da una raffinata cultura. Inoltre l'Umanesimo non era in condizione di agire su vaste masse di popolo e doveva, secondo la sua natura, limitarsi alla piccola cerchia delle persone colte.

 

            3.9.   L'Inquisizione

 

            La Chiesa Cattolica dominò per secoli l'area occidentale dell'Europa, scoraggiando e reprimendo, se del caso, le "deviazioni dottrinali". Quando però sorsero movimenti religiosi popolari più ampi (Càtari, XI sec.; Valdesi, XII sec.), vennero messi in atto metodi repressivi di ben altra portata.

            La forza di attrazione del movimento Càtaro poggiava, più che su distinzioni dottrinali di tipo dualistico, sul rigido ascetismo dei suoi "apostoli" e sul fascino del Battesimo dello Spirito Santo, che assicurava la beatitudine a coloro che lo ricevevano. I Càtari, a differenza dei Cattolici, respingevano la venerazione delle immagini dei santi e delle reliquie. Il loro movimento si diffuse specialmente nella Francia del sud, tra l'alta nobiltà, e nell'Italia settentrionale.

        Il Valdismo (da Pietro Valdès) sorse a Lione ("poveri di Lione"), nell'intento di imitare Cristo e gli Apostoli nella vita ascetica e nella predicazione. Per loro, legge normativa era la Sacra Scrittura, che imparavano a memoria e interpretavano spesso in modo letterale. Oltre che nei territori dove già avevano fatto presa i Càtari, i Valdesi si diffusero anche in Germania, Boemia, Ungheria e Polonia.

          La Chiesa Cattolica, a partire da Innocenzo III (m.1216), si decise ad una lotta repressiva contro questi movimenti, considerati "eretici". All'uopo fu istituita la "Santa Inquisizione", una permanente corte papale di "giustizia", per la ricerca e la condanna degli eretici. I sistemi di processo e le punizioni furono barbaricamente spaventosi. Con la tortura e i roghi si riuscì così a sterminare i Càtari e a ridurre quasi a niente i Valdesi, i resti dei quali si rifugiarono in seguito in Piemonte. (E' da ricordare con orrore la tremenda "Crociata contro gli Albigesi"  -  così venivano chiamati i Càtari, dalla città francese di Albi  -  1202-1229). Dal momento che il sistema dell'Inquisizione si era dimostrato efficace, la Chiesa Cattolica continuò ad usarlo per secoli, contro ogni forma di opposizione.

 

          3.10.   La decadenza del papato e la corruzione della Curia

 

          La situazione morale e spirituale delle gerarchie ecclesiastiche, verso la fine del medioevo, versava in condizioni di vero sfacelo. Già bollato spesso da Dante nella Divina Commedia, lo Stato della Chiesa era ora sceso al livello di un principato italiano. I papi governavano secondo i loro interessi dinastici a favore dei loro parenti ("nepotismo"), ed esercitavano senza ritegno la politica dell'egoismo e dei colpi di forza. Nei palazzi dei papi e dei cardinali, oltre alla politica, era penetrata anche l'avidità dei piaceri e la vita dissoluta. I compiti ecclesiastici, nel caso che se ne volessero occupare, erano diventati per i prelati cose di second'ordine. Solo come protettori dell'arte alcuni papi della rinascenza si sono acquistati meriti durevoli. Ecco qualche dettaglio degli ultimi papi prima della Riforma:

 -  Niccolò V (1447-1455), umanista, fonda la Biblioteca Vaticana;

 -  Callisto III (1455-1458), del casato Borgia, celebre per il "nepotismo";

 -  Pio Il (l458-1464), del casato Piccolomini, letterato e mecenate;

 -  Paolo lI (1464-1471), collezionista di gemme e monete;

 -  Sisto IV (1471-1484), famiglia Della Rovere, nepotismo sfrenato, partecipa alla Congiura dei Pazzi, 1478;

 -  Innocenzo VIII (1484-1492), faceva allestire per figli e nipoti feste nuziali in Vaticano;

 -  Alessandro VI (1492-1503), della famiglia Borgia, padre di Cesare e Lucrezia (il Figlio Cesare Borgia cerca di mettere insieme un principato in orrende lotte con la nobiltà romana, e viene lodato dal Machiavelli). Sotto il suo pontificato e per suo ordine viene martirizzato a Firenze Girolamo Savonarola (1498), che aveva osato predicare contro la corruzione del papato e della Casa de' Medici;

 -  Giulio lI (1503-1513), Della Rovere, restaura lo Stato pontificio (sua passione era la guerra), inizia la fabbrica di S. Pietro, affida a Michelangelo la costruzione del suo Mausoleo e la decorazione della Cappella Sistina, ordina a Raffaello di affrescare le “Stanze”;

 -  Leone X (1513-1521), figlio di Lorenzo il Magnifico, ordina a Michelangelo la facciata e le Cappelle Medicee in S. Lorenzo a Firenze, ordina collette per la fabbrica di S. Pietro (vendita delle "indulgenze"). Fu contemporaneo di Martin Lutero.

 

            3.11.   Il traffico delle Indulgenze

 

           Riassumiamo per sommi capi la dottina cattolica delle indulgenze.

            Secondo la teologia cattolico romana, la Chiesa rimette il peccato originale mediante il sacramento del Battesimo ed il peccato attuale mediante quello della Penitenza, quanto alla colpa e alla pena eterna. Ma per i peccati già rimessi quanto alla colpa e alla pena eterna, rimane una pena temporale da subire, in questo mondo o nell’altro. Orbene, la Chiesa ha il mezzo di rimettere anche la pena temporale; questo mezzo è l’indulgenza. Il Canone 911 del Codice di Diritto Canonico la definisce in questi termini: “L’indulgenza è remissione davanti a Dio della pena temporale dovuta per peccati già perdonati quanto alla colpa, che l’autorità ecclesiastica, col Tesoro [dei Meriti] della Chiesa, concede ai vivi per modo d’assoluzione, ai morti per modo di suffragio”.

            Districarsi in questo linguaggio non è a tutta prima facile. Occorre intanto liberarsi dalla convinzione errata che l’indulgenza equivalga al perdono dei peccati. Essa serve, secondo la Chiesa di Roma, a ridurre le pene temporali. Le pene temporali sono le penitenze alle quali il peccatore pentito viene sottoposto in questa vita, oppure che dovrà subire dopo morto mediante il “fuoco purgatorio” (ossia, nel Purgatorio). L’azione in favore dei defunti viene definita “suffragio”. (Non entriamo qui nel merito della dottrina del Purgatorio, che i Protestanti respingono, e che, come accennato al paragrafo 2.2., risale al sesto secolo).

            Le "indulgenze", che ebbero origine nell'alto medioevo, consistevano dunque nel condono delle penitenze ecclesiastiche, e la loro efficacia si intendeva estesa anche alle anime purganti dei morti. Le indulgenze si potevano ottenere ("lucrare") in occasione di pellegrinaggi (per es. a Roma), o partecipando ad iniziative promosse dalla chiesa (Crociate), oppure per mezzo di un pagamento in denaro. Va da sé che la curia si servì del traffico delle indulgenze come mezzo per aumentare le entrate. Nel 1514 Papa Leone X (Medici) rilanciò la vendita delle indulgenze per finanziare la costruzione della Basilica di S. Pietro a Roma, che assorbiva fiumi di denaro. La giustificazione sul piano "spirituale", come già detto era che la Chiesa si trovava a dover amministrare le opere meritorie di Cristo e dei santi, che sono in straripante abbondanza. Quindi ne poteva legittimamente destinare le "eccedenze" a favore dei peccatori.

            Così, con questa "buona notizia" frotte di banditori si misero a percorrere l'Europa, spillando denaro alle moltitudini, e dando inconsciamente l’avvio a quella che in seguito sarà chiamata la Riforma Protestante.

            Ecco infatti come andarono le cose. In quegli anni in Germania, Martino Lutero, un monaco tedesco agostiniano, era stato colto da crisi spirituale e si era messo a leggere attentamente la Bibbia (in latino) "scoprendovi" la dottrina della giustificazione per grazia mediante la fede (i passi più illuminanti per lui furono quelli dell'Epistola di Paolo ai Romani). Quando arrivarono i banditori del papa a vendere le indulgenze, in aperto dissenso, Lutero affisse alla porta della Cattedrale di Wittemberg (in Sassonia) le famose "95 tesi" in cui contestava le procedure e il valore delle indulgenze. E ciò avvenne nel 1517, anno che in seguito venne assunto come data convenzionale d'inizio della Riforma.

 

 

 

 

                                                                                          Davide Valente