IL NOSTRO IMPEGNO SOCIALE

 

 

IL NOSTRO IMPEGNO SOCIALE

(Il buon Samaritano – Luca 10:25 a 37)

 

 

L'ambiente in cui viviamo

Lo vediamo e lo ascoltiamo ormai tutti i giorni. il mondo è pieno di violenze, di egoismo. C'è stata recentemente una guerra vicino a noi, ci sono stati dei massacri eseguiti in nome di una pulizia etnica, c'è ancora un forte odio razziale, c'è la chiusura di frontiere che impedisce di aiutare chi è nel bisogno.  Esistono tentativi di opere benefiche a favore dell'umanità, ma contemporaneamente anche "embarghi", c'è la fame (di cui c'è disinteresse), ci sono le carestie, c'è la povertà. Quindi i tentativi umanitari finiscono per fallire miseramente.

Questo è purtroppo il mondo che ci circonda.

 

Il dottore della legge

La sua domanda: "Chi è il mio prossimo?" - è ingenua o tendenziosa? Cercava giustificazioni di fronte agli altri, oppure era la domanda di un egoista ipocrita? Era comunque la domanda di un conoscitore della legge, il quale avrebbe dovuto conoscerne bene la risposta, se non si fosse fermato al suo rigido formalismo, e se avesse analizzato i contenuti della legge rnosaica.

Infatti la prima parte della legge riguardava i rapporti tra gli uomini e Dio - "Ama il Signore Iddio tuo" (peraltro prescrizione dimenticata, formalizzata e contraffatta).

La seconda parte riguardava i rapporti tra gli uomini - "Ama il tuo prossimo come te stesso" (ma venne, e viene ancora, disattesa nel modo più esteso).

 

La parabola

Il luogo: la strada da Gerusalemme a Gerico era in forte pendenza, tra montagne aride, piene di caverne, nascondiglio di pastori, animali e anche di malintenzionati.

Ricordo di aver percorso questa strada con una certa emozione, ma anche con un certo timore: sotto i miei piedi si aprivano veri e propri abissi profondi centinaia di metri. Non c’era traccia di vita: veramente un luogo selvaggio ed inospitale.

Nel racconto di Gesù un viandante viene assalito: i briganti lo spogliano (ossia lo derubano), lo feriscono e lo lasciano mezzo morto.

Ma i "pirati della strada e i rapinatori" ci sono ancora oggi: non è cambiato nulla.

Ecco le persone che passano casualmente per quella via (forse avevano del tempo a disposizione):

a)       Un Sacerdote, un religioso, un rappresentante del clero. I sacerdoti erano discendenti di Aronne, che dovevano essere gli intermediari tra gli uomini e Dio, che offrivano sacrifici e profumi, che insegnavano la legge e che consultavano il Signore per conto degli uomini.

b)       Un Levita, rappresentante di una casta privilegiata e nobile per discendenza. I leviti discendevano da Levi, figlio di Giacobbe. Si dichiararono dalla parte di Dio dopo l'idolatria del vitello d'oro, e furono scelti per il servizio al Tempio al posto dei primogeniti.

Questi rappresentano senza dubbio le religioni, i riti, i partiti, i nobili, il vecchio Patto, la legge, i sacrifici. Ma anche il formalismo ipocrita, le correnti ideologiche e politiche, le apparenze pietistiche e forse anche umanitarie.

Ma che fanno? Vedono, e passano oltre, il più lontano possibile: sul "lato opposto" della strada. Sono insensibili ai lamenti e alle grida del ferito.

Ecco come si comporta l'egoista: cerca di stare il più lontano possibile dai problemi degli altri, fa finta di nulla, cioè di non sapere e di non vedere.

 

Il buon Samaritano

Per quella strada passa un Samaritano in viaggio. I Samaritani erano solitamente malvisti e mal considerati dai Giudei. Verso di loro si nutriva antipatia e un forte campanilismo.

Questi sentimenti non sono per nulla nuovi per noi oggi.

Lo spostamento di questo Samaritano aveva forse uno scopo, forse aveva degli impegni a Gerico o in altri luoghi vicini, infatti sarebbe tornato per quella via. Forse non aveva tanto tempo a disposizione. Ma aiutò il ferito.

 

 

Notiamo la sequenza delle sue azioni:

-          Vide il ferito - Non fece come gli altri che fecero finta di non vederlo.

-          Ne ebbe pietà - Quest'uomo aveva finalmente un cuore sensibile ai problemi degli altri.   

-          Si accostò - Quindi non passò dall'altra parte della strada.   

-          Fasciò le sue piaghe - Iniziò quindi un'opera di soccorso.   

-          Versò sulle piaghe olio e vino - Cioè i medicinali in uso a quei tempi: unguento e disinfettante. Queste sostanze erano sue, quindi iniziò ad usare delle cose di sua proprietà per soccorrere quel malcapitato.

-          Lo mise sulla sua cavalcatura - Lo sistemò nel modo migliore per il trasporto, e lui forse andò a piedi.

-          Lo portò in un albergo - La sua opera di soccorso non era ancora terminata, perché diede la possibilità a quell'uomo di trovare un tetto e un ambiente accogliente per potersi riprendere.   

-          Prese cura di lui - Probabilmente il ferito fu assistito durante tutta la notte dal Samaritano.   

-          Il giorno dopo pagò due denari all'oste della locanda, in modo che fossero prestate altre cure al ferito.

-          Promise all'oste il rimborso di eventuali altre spese - Il Samaritano pensò anche al futuro di quel poveretto.

-          Promise di ritornare - Per rendersi conto ulteriormente della sorte del ferito.

 

Era un Samaritano, appartenente ad un popolo disprezzato aspramente dai Giudei, eppure ricambiò col bene l'antipatia nutrita nei suoi riguardi.

L'insegnamento riguarda la nostra disponibilità verso gli altri: leggiamo Giacomo 2:15-16 :

"Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: Andate in pace, scaldatevi e saziatevi - ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve?”

E ancora in 1 Giovanni 3:17-19 :

"Se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui? Figliuoli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità. Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuri i nostri cuori davanti a Lui”.

Da queste parole comprendiamo chiaramente come dobbiamo comportarci.

 

Chi è il prossimo

Romani 13:8 - "Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni altri, perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge”.

Gesù chiese al dottore della legge chi fosse il prossimo, ed il colto Giudeo non potè negare la giusta risposta di fronte all'evidenza del racconto di Gesù.

L'insegnamento base della parabola è espresso dalle ultime parole di Gesù al dottore della legge: "Va' e fa tu la stessa cosa". E noi come ci comportiamo?

C'è una certa reticenza ad osservare questo comandamento, siamo sinceri, anche da parte nostra (non parliamo poi del comportamento del mondo a questo riguardo).

Chi è per noi il prossimo? I fratelli (e solo loro), i nostri compaesani, i nostri connazionali ......  oppure tutti gli uomini?

L'amore conosce forse frontiere e confini?

Il buon Samaritano che manifesta il suo amore in Giudea per uno sconosciuto ci insegna molto sul comportamento che dovremmo avere.

 

Il nostro impegno sociale e la nostra disponibilità

Qual è il nostro impegno sociale'? E' facile dire che noi siamo soltanto chiamati a testimoniare, ma cosa significa "amare il prossimo"?

"Noi siamo nel mondo, ma non siamo di questo mondo". La non appartenenza a questo mondo non ci esime però dall'interessarci dei problemi che in esso esistono. Troppo spesso, a mio avviso, queste parole vengono prese alla lettera, ed allora si resta inerti ... e finiamo per assomigliare un po' al sacerdote e al levita della parabola.

Io penso che la nostra posizione debba essere "attiva" nella società che ci circonda, ossia dobbiamo veramente essere il "sale della terra". Cosa significa? Non penso proprio che si limiti solo alla testimonianza, ma anche "all'amore per il prossimo", cioè all'aiuto verso chi è nel bisogno.

Chiediamo a tutti quei credenti che hanno operato e operano ancora a favore del Burkina Faso, dell'Albania, della Croazia, della Romania e della Serbia: portando solo l'evangelo a chi era nella prova forse avrebbero fatto poca strada, certamente occorreva anche l'aiuto materiale!

A volte mi chiedo: perché l'impegno sociale è a volte così poco sentito? Non è forse un modo per mettere in pratica il comandamento di amare il prossimo? Spesso ci trinceriamo sul concetto che noi dobbiamo soprattutto evangelizzare, e questo è giusto, ma quale valore può avere un Nuovo Testamento donato a qualcuno che muore di fame?

Queste mie perplessità sono scaturite dall'esperienza che ho potuto acquisire in questi ultimi anni, durante i viaggi eseguiti nella ex Jugoslavia. Quei poveri profughi dei campi di Karlovac, di Backi Petrovac e di Novi Sad, avevano bisogno di tutto, avevano perso ogni cosa durante le guerre. Grazie a Dio ebbi la possibilità, con altri fratelli, di dare loro qualcosa di utile, come cibi e coperte. Dopo ricevettero anche porzioni della Parola di Dio, ma se avessimo dato solo queste ultime non avremmo risolto nulla.

Sono quindi convinto che anche gli aiuti sociali sono importanti; spesso essi precedono e preparano gli aiuti spirituali. Considerate ad esempio l'iniziativa presa dai nostri fratelli albanesi per aiutare i profughi deI Kosovo.

Quali sono le nostre opere sociali? Ben poche a dire il vero!

In 1 Timoteo 5:8 leggiamo l'esortazione di aiutare "in primo luogo quei di casa tua", e questo è giusto.

Ma notiamo con attenzione: c'è scritto "in primo luogo" non "soltanto!"

Vorrei fare ancora un'altra osservazione. Spesso ciò che ci frena nell'aiuto sociale, in casi di calamità, è la scarsa sicurezza sulla reale destinazione dei soccorsi. In effetti c'è un fondo umanamente logico di verità in questa perplessità; infatti in tanti casi non tutto è giunto a chi ne aveva bisogno, ma ci sono stati sciacalli ed approfittatoci che si sono appropriati indebitamente di quanto era invece destinato ad altri.

Ho detto che questo è vero, ma ... non è a volte una scusa per non fare nulla?

Penso ancora che la nostra generosità sia ben poca cosa di fronte ai reali bisogni causati da una calamità, ma non c'è il Signore che esamina il nostro cuore e che moltiplica le nostre deboli risorse? (Vedi la moltiplicazione dei pani - Matteo 14:13-2 1).

Anche i due spiccioli della vedova dovrebbero farci rifletterel (Marco 12:41-44).

E poi perché non preghiamo il Signore affinché i nostri doni giungano veramente alla giusta destinazione? "Mio è l'argento e mio è l'oro" dice il Signore in Aggeo 2:8.

Le nostre ricchezze sono Sue e quindi Egli ne fa ciò che vuole e le destina a chi vuole. La conclusione è che il Signore esamina il nostro cuore di donatori, non la quantità delle offerte, oppure se esse giungono a chi ne ha effettiva bisogno.

Se un dono è fatto veramente con sincerità e con uno spirito di amore verso il prossimo, certamente Dio farà giungere l'aiuto nel posto giusto e alle persone giuste, senza impedimenti di sorta.

Il buon Samaritano "si fida" dell'oste, quando riparte dopo avergli affidato il ferito.

Cari fratelli, l'insegnamento di questa parabola è veramente importante per noi.

 

La posizione del ferito

Facciamo ancora qualche altra considerazione su quel malcapitato.

Era a terra, spogliato, mezza morto, bisognoso di aiuto. Anche noi a volte forse ci siamo trovati nelle stesse condizioni e avevamo bisogno degli altri.

E forse dei fratelli che conoscevano la nostra situazione, sono "passati dall'altra parte della via". Sono constatazioni amare, ma a volte si fanno, purtroppo.

Ma cosa dice la Parola di Dio? Leggiamo Matteo 7:12 :

“Tutte le cose che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro”.

La conseguenza è dunque questa: se sono stato aiutato sarà più disponibile ad aiutare, oppure : desidero essere aiutato? Prima devo portare il mio aiuto agli altri.

Considerate quel ferito della parabola: forse non aveva mai aiutato nessuno, e certamente non nel modo in cui fu aiutato. Forse però cambiò il suo atteggiamento da quel momento in poi; forse sarà stato più indotto ad aiutare gli altri.

Cosa impariamo quindi quando siamo aiutati dagli altri fratelli?

 

Perché questa parabola ?

Gesù vuole abbattere le barriere etniche, sociali e razziali.

Per questo sceglie un Samaritano in Giudea.

Per questo si rivolgeva alla Samaritana, donna peccatrice, al pozzo di Giacobbe.

Per questo disse:

“Voi mi sarete testimoni in Gerusalemme, in Giudea, in Samaria e fino all'estremità della terra”.                                                            Immersi come siamo nell'ambiente che ci circonda e nella sua mentalità, spesso anche noi ci mettiamo a considerare i nostri confini politici, la nostra etnia, la nostra lingua, e cosi via.          

Ma l'insegnamento dei Signore non è questo. Non devono esistere barriere, né alla testimonianza e nè all'aiuto sociale.

 

Conclusione

Un'ultima domanda: Cosa fece il ferito per meritarsi l'aiuto ? Nulla, assolutamente nulla.

(Proprio come noi nei riguardi di Cristo.)

In Matteo 22:37-38-39 c'è l'affermazione di Gesù sul "gran comandamento" :

“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente il secondo comandamento, simile a questo, è: Ama il tuo prossimo come te stesso "

Fermiamo la nostra attenzione sulle parole "simile a questo" : amare il prossimo è importante quindi come amare Dio!

Noi non metteremmo mai in discussione se dobbiamo amare Dio, ci mancherebbe altro!

Ma amare il prossimo a volte ci crea dei problemi. Poi, se dobbiamo amarlo come amiamo noi stessi, i problemi si fanno ancora più grandi.

Per il Signore però queste due manifestazioni di amore hanno lo stesso valore, perché sono simili !

 

Certamente ora ci appare nel suo significato più intenso e più chiaro l'insegnamento di questa parabola. Qual è la frase più importante del brano che abbiamo esaminato?

Chiaramente quella detta in chiusura dal Signore Gesù al dottore della legge.

Ma quelle parole sono rivolte soprattutto anche a noi oggi:

 

VA' E FA TU LA STESSA COSA!

 

 

Mario Valente