L’UNIONE DEI CREDENTI CON CRISTO

L’UNIONE DEI CREDENTI CON CRISTO

 

 

La perla - Durante l’intimità dell’ultima cena consumata da Gesù con i suoi discepoli, attraverso la lettura degli evangeli, possiamo apprendere tante nozioni impartite da Cristo.  Fra tanti avvertimenti, promesse ed esortazioni è incastonata una perla preziosa, cioè la preghiera di Gesù al Padre.

Giovanni ce la riporta per esteso nel cap. 17 ed è veramente un brano tra i più meravigliosi della Bibbia.

Connessione e identificazione con Cristo - Gesù sapeva della sua morte imminente, prevedeva le sue sofferenze; ma negli ultimi momenti trascorsi con i suoi si interessava di loro e li presentava al Padre in uno slancio di amore intenso.

La preghiera sacerdotale, così è stato chiamato questo colloquio di Gesù con il Padre, è densa di temi per riflessioni e studi specifici; ma vorrei oggi far rilevare un particolare aspetto che appare nelle parole di Gesù: quello della nostra unione con Lui, la nostra identificazione con Lui.

Già Gesù aveva dato un accenno a questa connessione, quando, nel cap. 15 di Giovanni, aveva paragonato se stesso ad una pianta di vite, e noi ai rami o tralci della stessa pianta.

L’unione di Cristo al Padre come paragone - Ma qui, nella preghiera sacerdotale, questa connessione è presentata in modo ancora più intenso e stretto, perché l’unione di Cristo con suo Padre, è presa come esempio per descrivere l’unione dei credenti con Lui. Se riflettiamo con attenzione si tratta di un paragone umanamente assurdo e irrealizzabile, tanto è difficile per noi solo riuscire a sfiorare una tale possibilità. Il fatto è che questa unione con Cristo non dipende da  noi e dalla nostra volontà, non c’è intervento umano. La nostra appartenenza alla famiglia di Dio è un miracolo provocato dal sacrificio di Gesù sulla croce e dalla sua resurrezione. Per questo motivo è un fatto reale, concreto.  Noi siamo qui per ringraziare ed adorare il Signore per la condizione nella quale siamo stati posti.

La preghiera sacerdotale riporta 7 aspetti della nostra connessione con Cristo; vediamoli:

L’amore di Dio ci unisce a Cristo - 1) - Giovanni 17:23 (sec. parte) - “Li ami come hai amato me” - La condizione nella quale ci troviamo è quella di essere amati da Dio, come Dio stesso ama il Suo Figlio. Questo ci consola, ma allo stesso tempo ci stupisce e ci commuove. Abbiamo a che fare con un amore divino, un amore celeste, un amore che non ha riscontri sulla terra. Noi non riusciremo mai, con le nostre caratteristiche umane limitate, a comprendere qui sulla terra l’amore di Dio. Esso è di una grandezza e di una intensità infinite, illimitate. E noi siamo immersi in questo amore, perché per mezzo di esso abbiamo il perdono dei nostri peccati, la salvezza, la vita eterna, una eredità nei cieli! Fratelli, se questa condizione ci stupisce e ci consola, non siamo contemporaneamente anche commossi? Pensate: Dio ci ama come ama Suo Figlio, quindi in questo amore divino siamo stati posti allo stesso livello di Cristo, siamo amati nello stesso modo e con la stessa intensità!

E questo amore divino ci unisce a Cristo, perché è lo stesso riservato a Lui da Dio!

L’unione a Cristo negli scopi - 2) - Ecco ora la funzione dei figli di Dio sulla terra: Giov. 17:18 - Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo” -  Gesù fu mandato da Dio sulla terra affinchè  “chiunque creda in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna”;  noi siamo stati mandati come testimoni di questa grande verità, e per annunciare al mondo che l’unica possibilità per ottenere la vita eterna è l’accettazione personale di Cristo. Egli fu mandato da Dio per una missione sublime ed importantissima, necessaria dovremmo dire.  E noi, quando Gesù ci disse: “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ...” e poi ancora: “Voi mi sarete testimoni .....”, abbiamo ricevuto lo stesso incarico, la stessa missione divina. Siamo uniti a Cristo in questo modo, perché abbiamo lo stesso scopo nella vita, cioè quello di andare nel mondo per portare la parola della verità. Cerchiamo quindi di non sottovalutare quest’ordine divino e di ubbidire.

L’unione definisce la nostra appartenenza - 3) - Giov. 17:14 - “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”.  Ecco sintetizzata la nostra posizione su questa terra. Cristo era venuto temporaneamente nel mondo per compiere un’opera specifica; aveva assunto sembianze umane nel mistero della sua incarnazione, ma Egli era Dio ed era di natura divina pur essendo un uomo. Anche se era nato come nascono tutti gli uomini, anche se aveva avuto un’infanzia, un’adolescenza e poi una maturità, Egli non apparteneva a questo mondo, perché era il Figlio di Dio, era Dio.  Sotto un certo aspetto era il mondo che apparteneva a Lui, in quanto era stato partecipe alla creazione, e in quanto artefice della redenzione dell’umanità.

In modo analogo, anche i credenti non appartengono al mondo che li circonda, ma, intendiamoci bene, questo non significa che non devono “viverci”, ossia svolgere le attività che ad essi competono. Si tratta di una differenza di mentalità, di etica, di scopi: questo è quanto devono dimostrare. Essi sono cittadini del Regno dei cieli in primo luogo con il cuore, poi anche nella vita.

Per questo motivo siamo accomunati a Cristo nell’assoluta estraneità alle passioni insane di questo mondo.

L’unione con Cristo determina la santificazione - 4) - Giov. 17:19 - “Per loro io santifico me stesso, affinchè anch’essi siano santificati nella verità”.  Questa frase è molto impegnativa per il credente, ed è una conseguenza del principio precedente che riguardava il suo comportamento. Sostanzialmente la condotta del credente deve essere tale da glorificare Cristo. Ma le parole di  Gesù possono anche essere intese in senso inverso: Cristo santifica se stesso, ossia, in un certo senso, si purifica al posto del credente. E’ un’azione che ci stupisce: l’opera di Cristo è talmente estesa che va al di là della croce e permette al credente di tenersi lontano dal peccato e separato da esso (“santo” significa: “separato”).  Pertanto l’unione con Cristo permette ai credenti di risultare santificati, o, meglio, santificarsi gradualmente, come Cristo è santo.

 

. 1 .

 

 

 

 

Santificazione nella verità - La seconda parte del versetto spiega la seguente verità: Cristo per i credenti si santifica, come abbiamo già visto, in modo che anch’essi si santifichino “nella verità”.  E’ quindi una condizione comune, perché come Cristo è puro e santo, così anche i suoi lo devono essere “nella verità”. Già Gesù aveva detto: “Io sono la via, la verità e la vita ...”.  Oggi questa verità, che è stata impersonata da Cristo stesso, è la sua Parola che tutti possediamo. Per mezzo di essa, come per mezzo di Cristo, uniti a Lui, possiamo essere santificati come Cristo è santo.

L’unione con Cristo determina l’unione fra i credenti - 5) - Giov. 17:21-22-23 - “Che siano tutti uno, e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi ..... Io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinchè siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me, affinchè siano perfetti nell’unità”.  Sul tema dell’unità fra i credenti, espresso così chiaramente dalle parole di Gesù, si possono dire tante cose; ma una dovrebbe farci riflettere: spesso noi con le nostre frequenti divergenze di vedute procediamo in senso assolutamente contrario allo scopo per il quale Gesù ha pregato il Padre.  “Che siano tutti uno” che cosa significa? Dobbiamo forse essere tutti uguali e pensare nello stesso modo? Come potremmo conciliare questo con l’esempio del corpo e delle membra? Risulta abbastanza chiaro quindi che il concetto dell’unità è ben diverso da quello dell’uniformità.

Paolo, quando scrive agli Efesini (cap. 4), dice di “conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace” e poi indica ancora le basi dell’unione: un solo corpo, un solo Spirito, una sola speranza, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre. Questi sono i presupposti  per avere comunione gli uni con gli altri. Gesù però nelle parole della sua preghiera dice qualcosa in più, perché paragona l’unione che ci deve essere fra i credenti a quella che c’è fra Dio e Lui stesso, cioè una unione divina. E’ un concetto che Gesù ripete ben tre volte in poche parole, quindi ci troviamo di fronte ad una espressione particolare per la sua forza. I credenti sono mai giunti ad un simile livello di coesione? Notiamo ancora che Gesù dice che ha dato a ciascuno dei suoi la gloria, ossia la speranza della stessa nella eternità celeste: questa stessa speranza, questa stessa certezza non dovrebbe essere catalizzante per una unione sincera fra i credenti? Quindi riflettiamo bene fratelli prima di metterci  a discutere, prima di angustiarci con le nostre vedute diverse, quasi sempre su argomenti di importanza secondaria.

Gesù dice: “Io in loro e tu in me, affinchè siano perfetti nell’unità”.  Io penso che per avvicinarci al limite della perfezione dell’unità, non possano bastare nè le nostre forze, nè la nostra volontà. Occorre qualcosa in più che viene da Dio. Se l’unità dipendesse soltanto da noi, non ci sarebbe certamente bisogno della preghiera di Cristo al Padre. Il problema è risolto dalle parole: “Io in loro”, questo è il segreto dell’unione fra i credenti. La connessione con Cristo che ogni cristiano deve avere, è garanzia di unità tra i figli di Dio.

Ecco quindi ritornare, in modo più che mai incisivo, la necessità della nostra unione con Cristo.

Unione con Cristo: fonte di vera allegrezza - 6) - Giov. 17:13 - “Io vengo a te .... affinchè abbiano compiuta in se stessi la mia gioia”.  E’ veramente meravigliosa questa preghiera, perché Gesù dice al Padre: “Io vengo a Te” per una richiesta particolare di felicità per i Suoi. Dobbiamo certamente essergli grandemente riconoscenti per questa richiesta da Lui fatta al Padre per tutti noi. Abbiamo mai pregato il Signore affinchè i nostri fratelli possano essere felici? Solo in Cristo c’è la sorgente della vera allegrezza, quella interiore e duratura, quella determinata dalle promesse divine. E’ un’allegrezza che permette di superare le prove e le difficoltà della vita, perché Dio è costantemente con i Suoi. Nelle parole della preghiera di Gesù dobbiamo rilevare alcune cose: ** La gioia dev’essere compiuta o completa, non effimera o temporanea come quella che tenta di dare il mondo.  Il Signore non compie opere incomplete, quindi la gioia dei credenti è eterna e li accompagnerà per tutta la vita nei cieli. ** La gioia della quale Cristo parla ha delle caratteristiche immense di intensità e di continuità perché è la “Sua gioia”.   Non è un sentimento dalle radici umane, ma proviene da origini divine. E’ la gioia di Cristo, che Egli vuole darci.

Ecco quindi un altro aspetto della nostra connessione con Cristo: la Sua gioia inserita, applicata, trasferita in modo completo in tutti i credenti. Gesù ha pregato il Padre per questo, e se noi siamo con Lui, uniti a Lui, sentiremo questa grande allegrezza nel cuore.

La volontà di Cristo è che siamo uniti a Lui - 7) - Giov. 17:24 - “Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dato”. Ecco l’apice, il punto culminante della unione con Cristo. Questo legame, questa identificazione, è richiesta con forza a Dio, perché è la prima ed unica volta che in questa preghiera Gesù si rivolge al Padre dicendo: “Io voglio”; Egli ci vuole con sè, lo vuole con determinazione, lo vuole con grande volontà. Ci vuole con Lui in ogni circostanza ed occasione .... perché non siamo sempre disponibili ad assecondarlo in questo Suo fermo desiderio? Notiamo ancora che i credenti sono definiti: “quelli che Tu, o Dio, mi hai dato”. Assistiamo ad uno scambio reciproco e benedetto di proprietà: Cristo, per mezzo del suo sacrificio, ci ha uniti a Dio e ci ha fatto entrare nella Sua famiglia, divenendo quindi proprietà di Dio. Ma anche Cristo afferma che noi siamo sua proprietà, perché Dio ci ha dato a Lui. Tutto questo è sorprendente e meraviglioso nello stesso tempo. Noi siamo di Dio e siamo di Cristo,  in una connessione perfetta, una unione divina che assolutamente non possono essere scisse in alcun modo. E’ come se Gesù dicesse: Io voglio questi con me, uniti a me, identificati con me. Ci rendiamo conto del profondo significato di una affermazione come questa? Attenzione: Gesù non dice: Io voglio che dove sono loro possa essere anch’io! Ma “dove sono io, siano con me ....”  Penso sia molto importante questo rilievo.

Il Signore ci aiuti a mantenere ed a migliorare sempre di più questa “connessione con Cristo” nel nostro cammino di santificazione

 

 

Mario  Valente