I DONI DELLO SPIRITO SANTO
PREMESSA
Ho trovato grande aiuto nella stesura di questo studio dall'analogo lavoro di Alfred Kuen presentato al convegno di Poggio Ubertini del 1981 nel quale mi riconosco nella quasi totalità delle affermazioni.
Parecchie di esse verranno qui riportate testualmente scritte in corsivo a cominciare da questa importante introduzione.
Il problema dei doni spirituali non fa parte delle verità essenziali relative alla salvezza e alla fede cristiana. Quindi noi possiamo avere opinioni diverse su questo argomento senza che la nostra comunione fraterna ne sia turbata.
I doni spirituali (carismi) sono doni dati per grazia (charis) e gratuitamente da Dio per mezzo dello Spirito Santo ad ogni credente per l'utile comune, cioè per l'edificazione della chiesa. Il credente è chiamato a non trascurarli. In un convegno giovanile tenuto in questa chiesa nel lontano 1953, Abele Biginelli affermava: "Purtroppo trascuriamo questi doni e ancor peggio non ci curiamo neppure di conoscerli. Così non riceviamo più, nella radunanza, le benedizioni celesti, non si fanno progressi nella vita spirituale, non cresciamo in Cristo".
I passi che parlano dei doni spirituali sono relativamente pochi:
1 Corinzi cap. 12-14
Romani 12:1-8
Efesini 4:7-16
1 Pietro 4:10-11
Di questi passi esamineremo prima gli insegnamenti generali e confronteremo in un secondo tempo gli elenchi dei doni.
1 Corinzi 12-14
Vi sono vari tipi di doni, ma tutti provengono dal medesimo Spirito (12:4-6).
Lo Spirito Santo elargisce i doni come vuole (v. 11).
Ogni credente ha un dono che deve essere messo a frutto per il bene comune (v. 7).
La Chiesa è il corpo di Cristo e i credenti sono le membra di questo corpo; come ogni membro ha una funzione diversa, utile a far funzionare bene tutto il corpo, così ogni credente ha un dono da usare per far funzionare bene la chiesa locale in cui Dio lo ha collocato (12:12-27).
Non esistono particolari doni posseduti da tutti i credenti (12:29-30).
Nessun dono ha valore (quindi è utile per la chiesa) se non è fondato sulla base dell'amore (13).
Il dono di profezia è maggiore di quello delle lingue, perchè più utile per l'edificazione della chiesa (14:2-25). Riprenderemo questi versetti affrontando specificatamente il dono delle lingue.
Nei radunamenti pubblici i doni sono utili solo se usati con ordine, per l'edificazione, in pace e con dignità (14:26-33, 40)
Nelle assemblee le donne devono essere sottomesse (14:34-35). Affronteremo in un paragrafo a parte l'argomento delle donne nei confronti dei doni spirituali.
Tutti i membri della chiesa locale sono ugualmente importanti e utili, se mettono a frutto i doni che lo Spirito Santo ha dato loro.
Il dono esclude ogni idea di merito e quindi di orgoglio.
Romani 12:3-8
Bisogna evitare l'orgoglio (v. 3).
Come un corpo ha molte membra con diverse funzioni, così la Chiesa, corpo di Cristo, ha molti credenti con doni e ministeri diversi (v. 4-5)
I credenti della chiesa sono legati indissolubilmente l'uno all'altro come le membra di un corpo (v. 5).
I doni di ciascuno devono essere messi al servizio della chiesa locale ed usati fedelmente (v. 6-8).
Come in 1 Corinzi, al discorso sui doni segue immediatamente l'esortazione all'amore come elemento indispensabile nella chiesa.
Efesini 4:1-16
I credenti della chiesa, come membra del corpo di Cristo, sono chiamati all'umiltà, alla mansuetudine, alla pazienza, all'amore, all'unità (v. 1-3).
Cristo procura coloro che devono edificare la chiesa (tutta la Trinità è quindi coinvolta in quest'opera) (v. 11).
Lo scopo dei doni è quello di edificare la chiesa attraverso l'edificazione (la crescita spirituale) dei singoli credenti (v. 12-15).
La chiesa trae vigore da Cristo e cresce in misura direttamente proporzionale a quanto crescono i suoi singoli membri (v. 16).
La base indispensabile per edificare la chiesa è l'amore (v. 16).
1 Pietro 4:10-11
Bisogna amministrare bene i doni che Dio ci ha fornito per grazia (vedi parabola dei talenti) mettendoli al servizio degli altri (v. 10).
Tutti hanno ricevuto un dono da amministrare (v. 10).
Bisogna essere consapevoli che si svolge un servizio per il Signore e quindi farlo seriamente ricercando in Lui la forza per svolgerlo bene (v. 11).
Ogni cosa deve essere fatta alla gloria di Dio.
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Seguendo l'esempio di Kuen raggrupperemo i doni in:
doni di proclamazione (apostolo, profezia, insegnamento, parola di sapienza, parola di conoscenza, esortazione, pastorato, evangelizzazione);
doni di servizio (amministrazione, opere di misericordia, diaconia, governo);
doni di poteri speciali (fede, guarigioni, atti di potenza)
doni di preghiera (lingue, interpretazione delle lingue)
E' significativo che i doni in qualche modo miracolosi o estatici vengano citati solo nell'epistola ai Corinzi (v. tabella a pag. 3)
Ciò porta a pensare che il problema di questi doni fosse circoscritto a quella particolare chiesa che già aveva parecchi problemi al suo interno.
Nella lettera ai Corinzi l'apostolo aveva dovuto cercare di raddrizzare una situazione falsata da una ricerca esagerata dei doni estatici. Niente di tutto questo, invece, per Roma. Lo sviluppo del discorso sui doni della grazia nasce molto naturalmente come primo aspetto di una vita trasformata dallo Spirito di Dio. (...) La lettera agli Efesini è nata da una ragione analoga a quella della lettera ai Romani: senza deviazioni da dover raddrizzare, nè errori da correggere, ma con un evidente scopo d'insegnamento e di consolidamento della chiesa.
TABELLA COMPARATIVA DEGLI ELENCHI DEI DONI
1 Corinzi 12:8
1 Corinzi 12:28
Romani 12:6
Efesini 4:11
1 Pietro 4:11
apostoli
apostoli
doni di parola
profezia
profeti
profezia
profeti
dottori
insegnamento
pastori e dottori
parola di sapienza
parola di conoscenza
esortazione
evangelisti
ministero (diaconia)
doni di servizio
doni di governo
presidenza
assistenze
opere di misericordia
liberalità
fede
guarigioni
guarigioni
miracoli
miracoli
discernimento degli spiriti
diversità di lingue
diversità di lingue
interpretazione delle lingue
interpretazione delle lingue
DONI DI PROCLAMAZIONE
L'apostolo
Col termine apostolo venivano definiti innanzitutto i dodici ed è stato poi esteso ad altri (Paolo, Barnaba, Sila, Timoteo, Giacomo il fratello del Signore...) a coloro cioè che, chiamati da Dio e inviati e riconosciuti dalla chiesa locale, andavano a svolgere un'opera pionieristica allo scopo di far nascere e crescere altre chiese delle quali diventavano, in un certo senso, i padri spirituali.
I dodici non hanno avuto dei successori. La loro opera era fondamentale e unica. Ma non c'è nessuna ragione per escludere la possibilità che vi siano ancora apostoli nel senso di predicatori pionieri, fondatori di nuove chiese in territori ancora vergini all'Evangelo. In questo senso la parola sarebbe sinonimo di missionario.
La profezia
In tutta la Scrittura il profeta è colui che parla a nome di Dio sia in generale che in situazioni particolari.
Paolo vorrebbe che tutti i credenti avessero questo dono anche se ciò non appare possibile.
Nel messaggio profetico può essere compresa anche la predizione del futuro, ma non è certo questa la funzione principale di questo dono.
Lo scopo essenziale della profezia è quello di edificare, di esortare e di consolare.
"Il vero compito della profezia consiste oggi nella meditazione e nell'interpretazione della Parola di Dio condotte in modo da suscitare in tutti i credenti la crescita spirituale, la disciplina spirituale e la consolazione spirituale" (R. Yohn).
Il criterio per distinguere il discorso profetico da qualsiasi altro tipo di discorso è proprio questo risultato spirituale: "Se voi venite a sapere che, grazie al vostro messaggio, delle persone sono state consolate, incoraggiate e fortificate spiritualmente, è piuttosto possibile che voi abbiate il dono di profezia" (R. Yohn).
La profezia sembra comprendere tutto l'insieme del ministero della Parola diverso dall'insegnamento.
Non è certo detto che il dono di profezia debba essere esercitato solo dal pulpito; può avere la sua applicazione in incontri informali tra due o più credenti, nella redazione di scritti (libri, trattati, articoli), messaggi radiofonici ecc.
L'esortazione
In Romani 12 l'esortazione viene distinta dalla profezia che pur serve, tra l'altro, ad esortare.
Tutti i credenti sono chiamati ad esortarsi vicendevolmente (Ebrei 3:13), ma c'è chi possiede questo dono in modo particolare.
Il verbo greco tradotto con esortare o incoraggiare è parakaléo.
Il sostantivo corrispondente, paraklétos è il nome dello Spirito Santo negli scritti giovannei. Essere per il proprio prossimo un paracleto, cioè un consolatore, un vero aiuto, un sostegno capace di portare esortazione, incoraggiamento e protezione.... richiede veramente un dono particolare del divino Paracleto
Come per tutti gli altri, anche l'esistenza del dono di esortazione viene verificata dai risultati.
Se la persona esortata accetta le parole che gli sono rivolte come da parte del Signore ed esse gli servono effettivamentre da stimono per un cambiamento, è probabile che siamo in presenza del dono in questione. Ma se di solito provocano indifferenza o, peggio ancora, offendono o inaspriscono la persona a cui sono rivolte, allora è meglio lasciare ad altri questa incombenza.
L'evangelista
Mentre l'apostolo parte, mandato da una chiesa, per fondare altre comunità, le istruisce, le organizza, le fortifica per poi riprendere il suo ministerio in nuove località, pur rimanendo spiritualmente legato alle chiese nate dalla sua predicazione, l'evangelista sembra essere un membro permanente di una chiesa già esistente (Filippo a Cesarea, in Atti 21:8).
Questo credente è spinto a predicare e a operare verso i non credenti piuttosto che all'interno della chiesa.
Questo ministerio verrà esercitato non solo in armonia con la chiesa locale, ma con un reale coinvolgimento, diretto o indiretto, di tutta la comunità.
Kuen si dichiara assai perplesso sull'utilità di campagne di evangelizzazione affidate a specialisti itineranti che il più delle volte costituiscono per la chiesa locale "un guanciale per la sua pigrizia" (...) e nello stesso tempo le danno la buona coscienza di "aver fatto dell'evangelizzazione".
Il pastore - dottore: l'insegnamento, parola di sapienza, parola di conoscenza.
L'insegnamento si distingue dalla profezia per il suo carattere sistematico e non temporale: il profeta proclama con forza una parola di Dio per il presente, l'insegnante espone sistematicamente tutte le verità della Parola dando ad ognuna di esse l'opportuna collocazione presentando la verità in maniera sufficientemente semplice perchè chi ascolta possa assimilarla.
Se assimiliamo la parola di conoscenza (indispensabile per l'insegnamento) al dono di dottore, vediamo che questo ministrero è presente in tutti gli elenchi dei doni spirituali. Allo stesso modo si può assimilare la parola di sapienza col dono di pastore.
Il pastore-dottore fa quindi parte delle funzioni permanenti nella chiesa, di quelle, cioè, che sono indispensabili per la sua stessa vita.
Nella Scrittura viene definito insegnamento la predicazione di Gesù e quella degli apostoli, sia all'interno della chiesa, che verso i non credenti.
L'insegnamento cristiano occupa un suo posto preciso a tutti i livelli della formazione del cristiano: nella scuola domenicale, nei corsi biblici giovanili, nella predicazione della chiesa, negli studi biblici a domicilio, nella formazione dei responsabili (...) L'insegnamento occupa il suo posto anche nei corsi per corrispondenza, negli istituti biblici e nelle facoltà di teologia. Attualmente una buona fetta dell'insegnamento si svolge attraverso i libri e le cassette.
Viene comunemente accettata l'idea (anche nello studio di Kuen) che i due termini sono accostati per indicare una sola e unica funzione:
L'unico passo dove viene fatto questo accostamento è in Efesini 4. Ben lungi dal voler mettere in dubbio la Parola di Dio, mi domando, però, se questa interpretazione è corretta.
A meno di volersi arrampicare sui vetri bisogna ammettere che le due funzioni richiedono qualità diverse.
L'interesse di chi ha il dono di pastore deve essere orientato essenzialmente verso le persone: i loro problemi, la loro crescita spirituale, la loro maturazione. L'aspetto principale del loro ministerio è la "cura dell'anima" o un costante rapporto di sostegno. Questo ministero comprende anche la visita ai malati e alle persone anziane.
Non so se è corretto, quindi, accostare necessariamente i due ministeri affermando che devono convivere nella stessa persona. Personalmente conosco dei credenti ai quali non esito a riconoscere il dono di dottore, ma non quello di pastore.
Mi rimane anche difficile immaginare come un'unica persona possa trovare il tempo per esercitare bene questi due compiti a meno di non essere un servitore del Signore a tempo pieno.
DONI DI SERVIZIO
Il diacono
Inizia qui il gruppo definito da Pietro "doni di servizio".
Atti 6 narra come e perchè sono stati istituiti i diaconi nella chiesa primitiva. Il servizio alle mense può oggi venire ampliato a tutti quei servizi pratici necessari per la vita della chiesa.
Non è assolutamente detto che il diacono non possa avere anche il dono di parola. Stefano, uno dei sette diaconi, pronunciò il più lungo sermone riportato negli Atti; Filippo, un altro, viene definito "l'evangelista" (Atti 21:8).
I diaconi devono rispondere a ben precisi requisiti (1 Timoteo 3:8-13).
Le assistenze
Questo dono di servizio può essere visto come il dono di colui (o colei) che ha responsabilità finanziarie e amministrative nella comunità, oppure di chi si occupa dei bisogni materiali dei fratelli (cibo, alloggio, lavoro, vestiario...) o ancora di chi fa da assistente per sostenere il lavoro di un missionario, di un evangelista, di un pastore ecc. un po' come Timoteo ha svolto il servizio di assistenza per l'apostolo Paolo (Atti 19:22).
La liberalità
Il dono spirituale della liberalità consiste nel desiderio intenso di donare e della facoltà di farlo secondo la volontà di Dio. Chi possiede questo dono distribuirà ciò che può con gioia, sentendosi spinto a donare da una chiamata interiore (...) Un'altra caratteristica del dono è la saggezza dell'uso dei propri beni (...) donare al momento giusto la somma necessaria là dove i bisogni sono più urgenti richiede una condotta divina.
Infine può essere forse necessario far notare che questo dono è citato nell'ambito della chiesa locale. E' là, infatti, che la liberalità può essere esercitata in modo più conforme al piano di Dio e può beneficiare della massima garanzia.
Le opere di misericordia
La parola "misericordia" ha un'etimologia molto significativa: è misericordioso colui il cui cuore (cordia) è stato toccato dall'altrui miseria.
Nella comunità cristiana certi membri possiedono più di altri questo dono di mettersi al posto degli esclusi: malati, vecchi, poveri, handicappati, depressi. Ci sono persone che sono come attirate da coloro davanti ai quali altri si tirano indietro e si sentono spinte ad occuparsi di loro, a testimoniare loro l'amore con cui il Signore ha riempito i loro cuori. Queste persone possono quindi compiere questi servizi "con gioia".
La presidenza e il governo
Questi doni sono citati in Romani 12:8 e in 1 Corinzi 12:28. Tutte e due le volte sono messi al penultimo posto dell'elenco.
Questo dovrebbe far pensare tutti coloro che vedono nella presidenza delle riunioni e nel governo della chiesa un incarico prestigioso, una "poltrona", un centro di potere da conquistare e non mollare più.
La presidenza non è necessariamente appannaggio di coloro che sanno ben predicare o ben insegnare e non richiede un'eloquenza particolare.
Mentre la presidenza può essere una cosa sporadica, da svolgersi in determinate riunioni, il governo della chiesa richiede un impegno costante e continuo ed è necessario a tutti i livelli e in tutti i campi della vita di una chiesa.
Il grande pericolo che incombe su chi possiede questo dono è quello di voler ad un certo momento allinearsi col modo di comportarsi del mondo, per il quale chi governa diventa il capo che trascina tutti a suo piacimento.
POTERI SPECIALI
Dal racconto della Bibbia vediamo come ci sono stati dei particolari momenti in cui segni e miracoli erano frequenti (l'uscita dall'Egitto, i quaranta anni nel deserto e l'entrata nella Terra Promessa, il periodo di Elia e Eliseo, la vita di Gesù e degli apostoli) ed altri (la maggior parte) dove sembrano mancare.
I precedenti del vecchio patto ci mostrano che Dio decide nella sua sovranità quando accordare agli uomini questi poteri speciali, quando ritirarli e quando ridonarli di nuovo. La stessa regola deve essere considerata valida per il nuovo patto. Certamente Dio vuole che camminiamo per fede e non per visione (2 Corinzi 5:7) e dal momento che i miracoli non portano a una fede sicura (Giovanni 2:23-24), il numero dei miracoli sembra diminuire nel corso dei tre decenni raccontati nel libro degli Atti, ma Dio rimane sovrano nell'attribuire questi poteri speciali dove e quando gli piace per appoggiare la sua Parola.
La fede
Non si deve confondere questa fede con la fede per mezzo della quale i credenti sono giustificati, bensì, qui si parla della fede che permette di fare qualsiasi miracolo: "se avete fede quanto un granello di senape, potete dire a questo monte: - Passa di qua a là - e passerà; e niente vi sarà impossibile" (Matteo 17:20).
L'apostolo Paolo fa chiaramente allusione a questa fede che provoca i miracoli. La prova l'abbiamo quando, riprendendo certi doni già elencati, egli precisa: "se avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti" (1 Corinzi 13:2).
I doni di guarigione
Mi limito qui a riportare alcune affermazioni di Kuen nelle quali mi riconosco perfettamente.
I doni di guarigione si ricollegano direttamente al dono della fede, ci troviamo in qualche modo davanti al dono della fede applicato alla malattia.
E' un errore credere che Dio guarisca sempre.
In nessuna parte la Parola di Dio ci consente di supporre che Dio voglia guarire fin da quaggiù sulla terra e indistintamente tutte le nostre malattie e le nostre infermità.
L'apostolo Paolo aveva il dono di guarire e l'ha dimostrato in diverse circostanze e tuttavia non ha potuto far nulla per guarire Epafrodito gravemente ammalato che era probabilmente suo ospite (Filippesi 2:25-27) nè per Trofimo che ha dovuto lasciare a Mileto (2 Timoteo 4:20). Paolo stesso non godeva di una buona salute.
Mettere simili affermazioni in testa a cristiani malati è una crudeltà senza alcun fondamento biblico. Del resto, se Dio guarisce sempre, i cristiani non dovrebbero mai morire.
Talvolta Dio usa un'infermità o una malattia fisica per portarci a produrre dei frutti spirituali. L'apostolo Paolo scrisse che Dio gli aveva mandato una scheggia nella carne per preservarlo dall'orgoglio (2 Corinzi 12:7-10).
E' un errore credere che la malattia, come la guarigione divina, dipendano dalla volontà del malato.
Certamente esistono malattie provocate dal peccato (...) ma non c'è necessariamente una relazione fra il peccato e la malattia.
Nello stesso modo la guarigione non dipende necessariamente dalla fede del malato. Sarebbe veramente incredibile pensare che, là dove il Signore guariva tutti, i malati fossero stati tutti realmente credenti. Qualche volta addirittura la fede non è la causa, ma la conseguenza della guarigione (Atti 9:42).
La resurrezione dei morti è l'esempio estremo per dimostrare l'assoluta incapacità da parte del beneficiario del miracolo di soddisfare una qualsiasi condizione che gli fosse richiesta.
Accusare i malati che non sono guariti di aver mancato di fede è dunque, ancora, un'ingiustizia e una crudeltà.
E' un errore credere che tutte le guarigioni straordinarie vengono necessariamente da Dio.
In tutte le religioni e sotto tutti i cieli si sono verificate guarigioni operate dalle potenze occulte (cf. Atti 8:9-11, 2 Tessalonicesi 2:9). L'invocazione della santa Trinità o il ricorso a formule di pietà da parte del guaritore non sono affatto una garanzia dell'intervento di Dio (cf. Matteo 24:24-24).
E' importante che queste cose vengano dette in modo chiaro e forte, soprattutto in presenza di trasmissioni televisive tipo TBNE.
I miracoli
Mentre nel dono di guarigioni i poteri speciali sono indirizzati verso la salute delle persone, qui il campo d'azione puo allargarsi a tutta una serie di azioni straordinarie in contrasto con le leggi naturali (Gesù seda le tempeste, trasforma l'acqua in vino, moltiplica i pani e i pesci ecc.).
Il miracolo è spesso visto come un segno per attestare che chi compie il miracolo è mandato da Dio. Gesù stesso cita i miracoli da lui compiuti come la prova della sua messianicità (Luca 7:18-23, Giovanni 10:25).
Il miracolo può portare alla fede di coloro che lo hanno visto (Atti 13:12), ma ciò non è sempre vero. Il faraone ha indurito il suo cuore di fronte ai miracoli di Mosè, coloro che hanno assistito ai miracoli di Gesù lo hanno poi crocifisso.
Come per le guarigioni, così per i miracoli è importante ricordare che anche Satana e i suoi servitori hanno la facoltà di fare prodigi. I maghi d'Egitto hanno potuto imitare alcuni miracoli di Mosè, c'era chi poteva predire il futuro (Atti 16:16), quando verrà l'Anticristo vi saranno "opere potenti, segni e prodigi bugiardi". L'Apocalisse, parlando del Falso Profeta dice: "E operava grandi prodigi sino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini. E seduceva gli abitanti della terra con i prodigi che le fu concesso di fare..." (Apocalisse 13:13-15).
Le chiese e i credenti devono stare bene attenti e saper discernere la natura dell'eventuale miracolo al quale assistono (ovviamente dopo aver accertato che si tratti di un miracolo e non di una semplice mistificazione).
Il discernimento degli spiriti
Questo dono potrebbe essere proprio quello necessario per attuare la vigilanza di cui parlavamo prima.
Chi possiede questo dono ha, probabilmente, una capacità critica nei confronti delle varie manifestazioni spirituali tale da saper discernere ciò che viene da Dio da ciò che invece ha altra natura. La Scrittura esorta tutti ad avere questo discernimento (1 Giovanni 4:1), ma evidentemente ci sono alcuni credenti che hanno questo dono in particolare.
D'altra parte anche di fronte ad una normale predicazione è necessario saper discernere se ciò che è detto è una corretta interpretazione della Parola di Dio o no, se viene dallo Spirito Santo o se è frutto dei sentimenti umani del predicatore, se è fonte di edificazione o di scandalo.
Tutto ciò non può essere fatto solo con la propria intelligenza o cultura biblica, ma necessita di un dono divino.
I DONI DI PREGHIERA
Il dono delle lingue (e dell'interpretazione delle lingue)
Le diverse interpretazioni dei versetti che parlano di questo dono hanno creato e creano tuttora non poche divergenze tra le varie chiese evangeliche.
Proviamo a porre alcuni punti fermi:
viene considerato da Paolo un dono dello Spirito Santo;
non abbiamo motivo di pensare che questo dono fosse di carattere transitorio, sia stato ritirato dopo il periodo della chiesa primitiva e attualmente non esista più;
Paolo non impedisce l'uso di questo dono nè in pubblico (a condizione che siano non più di due o tre preghiere e che ci sia chi interpreti), nè tantomeno in privato;
Paolo non esorta mai i credenti a ricercare questo dono;
in nessuna parte della Bibbia è detto che tutti i credenti possono avere questo dono e tantomeno che il possederlo sia un segno di una particolare spiritualità (forse è vero il contrario);
questo è il dono meno utile per l'edificazione della chiesa e quindi il meno importante;
con questo dono ci si rivolge a Dio per ringraziarlo, lodarlo e benedirlo (non ai fratelli per portare loro un qualsivoglia messaggio);
mai, prima del 1906, questo dono è stato legato a una seconda esperienza della vita cristiana (battesimo, effusione o unzione della Spirito Santo).
In alcuni ambienti carismatici 1 Corinzi 14:5 "Vorrei che tutti parlaste in altre lingue, ma molto più che profetaste" viene interpretato come un reale desiderio (o addirittura un ordine) che il dono delle lingue venga praticato. Kuen porta un esempio che a mio parere calza a pennello.
E' un po' come se il direttore di una scuola biblica dicesse ai suoi studenti: "Io desidererei che tutti sapeste suonare la chitarra, ma molto di più che tutti sapeste predicare". Nessuno si sbaglierebbe sul significato di una simile affermazione e a nessuno passerebbe per la testa di dire: "Il direttore vuole che tutti noi impariamo a suonare la chitarra". Piuttosto questo tipo di avvertimento si comprenderebbe molto bene nel quadro di un richiamo all'ordine rivolto a quanti dedicherebbero troppo tempo alla musica. "Io non ho niente contro la chitarra, anzi, sarebbe bello che tuti voi sapeste suonarla bene, ma il vostro compito principale è quello d'imparare a predicare la Parola di Dio".
Si tratta di lingue straniere?
Alcuni pensano che il giorno della Pentecoste i discepoli abbiano realmente parlato in quindici diversi idiomi, altri pensano invece che lo Spirito Santo abbia fatto da interprete negli orecchi degli ascoltatori in modo tale che ognuno udisse parlare i discepoli nella propria lingua.
Kuen propende per la seconda ipotesi, mentre io ritengo più probabile la prima.
Paolo dice chiaramente che in presenza del dono delle lingue ciò che viene detto non è comprensibile se non viene interpretato da qualcuno che abbia questo dono.
Quello della Pentecoste dovrebbe essere visto come un miracolo che esula dal dono delle lingue di cui si parla in 1 Corinzi. Qui i discepoli parlavano delle lingue straniere note e comprensibili a coloro che provenivano da quei paesi.
"A questo punto i discepoli cominciarono a parlare in altre lingue. Parlavano realmente in lingue di altri popoli che essi non conoscevano. Si esprimevano ed erano capiti perfettamente nelle varie lingue anche parlate in terre lontane" (Remo Dosi).
Anche nell'altra ipotesi si pensa a un miracolo, ma qui il miracolo avviene nell'' "intendimento" e non nel parlare, cioè avvenne a livello dell'ascolto e delle capacità di comprensione. Quindi i discepoli avrebbero parlato una lingua celeste incomprensibile a chiunque e Dio avrebbe dato a tutti gli stranieri di capire questo linguaggio come se fosse la propria lingua natia. Ovviamente a Dio tutto è possibile, ma mi sembra che di solito Dio faccia i suoi miracoli in modo un po' meno contorto.
Si tratta di un fenomeno specificamente cristiano?
Risposta: no. Il parlare in lingue è un fenomeno molto diffuso al di fuori del cristianesimo. Esisteva in tutte le religioni antiche, ancora oggi è praticato in molte delle religioni non cristiane conosciute (Zulù, stregoni del Paraguay, stregoni Esquimesi, sacerdoti buddisti e scintoisti).
Origine divina
Per l'apostolo Paolo il dono delle lingue è incontestabilmente un dono divino.
Origine demoniaca
Nella letteratura occulta e spiritista si ricordano spesso i casi di persone che parlano in lingue straniere (...) anche in ambienti cristiani si sono ugualmente manifestati numerosi casi di parlare in lingue che si sono rivelati esere di origine diabolica.
LA DONNA E I DONI SPIRITUALI
Penso che non si possa pensare di mettere in dubbio che nelle sue varie epistole Paolo si rivolgesse alla totalità della chiesa locale e non solo agli uomini.
Così il corpo di cui parla in 1 Corinzi 12 è composto da molta membra, uomini e donne, "vi è un medesimo Dio il quale opera tutte le cose in tutti" (12:7), "a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune" (12:8), "tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole" (12:11).
Se quindi pensiamo che lo Spirito Santo opera indifferentemente negli uomini e nelle donne non abbiamo alcun motivo di dubitare che elargisca anche i suoi doni indifferentemente agli uomini e alle donne così come egli crede.
D'altra parte questo è confermato anche dalla Scrittura.
Tra i credenti che hanno ricevuto doni di servizio vi sono delle donne. Ne sono esempi Tabita che "faceva molte opere buone ed elemosine" (Atti 9:36), Evodia e Sintiche che hanno "lottato per il vangelo" con Paolo e sono state sue collaboratrici (Filippesi 4:2-3), Priscilla che è stata collaboratrice di Paolo (Romani 16:3), Febe, che "ha prestato assistenza a molti" e che era diaconessa nella chiesa di Cencrea (Romani 16:1-2).
Riguardo al diaconato è anche difficile pensare che Paolo non si riferisse alle diaconesse quando nella prima lettera a Timoteo parla delle donne nel bel mezzo di un discorso riguardante i diaconi (3:11).
Più difficile è affrontare il problema per quanto riguarda i doni di proclamazione o di parola.
In 1 Corinzi 14:34-35 Paolo scrive: "Come in tutte le chiese dei santi le donne tacciano nelle assemblee, perchè non è loro permesso di parlare (...) è vergognoso per una donna parlare in assemblea"; in 1 Timoteo 2:12: "Poichè non permetto alla donna d'insegnare, nè di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio".
Altri passi attenuano queste affermazioni perentorie.
Di sicuro le donne anziane sono chiamate ad esercitare un dono di esortazione (e almeno in parte anche di insegnamento) nei confronti delle sorelle più giovani (Tito 2:3-5).
Priscilla, insieme al marito, insegna ad Apollo "la via di Dio" (Atti 18:26).
E' da notare che quest'opera di insegnamento non avveniva durante le assemblee. Anche nelle nostre chiese delle donne sono talora chiamate all'insegnamento (scuola domenicale, campi giovanili, riunioni di sorelle), ma mai durante il culto o altre riunioni pubbliche.
La questione si complica ulteriormente se si prende in considerazione il dono di profezia.
Le figlie di Filippo avevano ed esercitavano il dono di profezia (Atti 21:9); quando e dove lo esercitavano?
Paolo afferma: "chi profetizza edifica la chiesa" (1 Corinzi 14:4), ma è difficile pensare che si possa , parlando, edificare la chiesa senza parlare alla chiesa.
Ancora Paolo insegna: "ogni donna che prega o profetizza senza avere il capo coperto fa disonore al suo capo" (1 Corinzi 11:5).
Se per la preghiera si può persare all'orazione solitaria a tu per tu con Dio, non così per la profezia che, senza un uditorio, perde la sua funzione.
E' possibile immaginare, quindi, dei casi in cui, ai tempi di Paolo, le donne pregavano e profetizzavano in pubblico (col capo coperto).
Se sia giusto, saggio, conveniente ridare alle donne la possibilità di esercitare questi doni in pubblico nell'assemblea è argomento controverso nelle nostre comunità ed esula dagli scopi di questo studio.
Personalmente credo che la Parola sia chiara, invece, sul negare alle donne l'esercizio dell'insegnamento pubblico, della presidenza e del governo della chiesa.