Sindone: una sfida alla scienza e alla fede, Claudiana

 

Carlo Papini [1]Sindone: una sfida alla scienza e alla fede, Claudiana, 1998.

 

            Dal 18 aprile al 14 giugno di quest’anno ha avuto luogo a Torino una ostensione della Sindone, con la partecipazione di milioni di pellegrini. La manifestazione si ripeterà nel 2000, in occasione del Giubileo, trasformando Torino in una sorta di seconda Roma. Ma che cos’è la Sindone? Una icona o una reliquia? E’ difficile pensare che tanta gente possa muoversi per vedere soltanto un’immagine (un’icona), per quanto affascinante possa essere. Era essenziale dunque dimostrare, da parte degli organizzatori dell’operazione, che la Sindone era una vera reliquia, ossia il Sacro Lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù. A tale scopo stampa e televisione sono state mobilitate per orchestrare una campagna di informazione, basata su notizie sensazionali e dati pseudoscientifici.

            Il libro di Carlo Papini è un chiaro e preciso documento che tenta di opporsi a questa massa di notizie, che si prevede saranno ripresentate con maggiore intensità per l’ostensione dell’anno 2000. Si tratta di un testo di oltre 160 pagine, che si fa leggere tutto d’un fiato, pur essendo spesso assai tecnico e ricco di citazioni e di note puntuali.

 

            Occorre ricordare che nel 1988 alcuni campioni del telo sindonico erano stati sottoposti all’esame della radiodatazione col metodo del Carbonio 14 (indicato come 14C) [2]. L’analisi fu effettuata da tre laboratori di fama internazionale di Stati Uniti, Gran Bretagna e Svizzera, sotto la supervisione del direttore del British Museum. Il 13 ottobre 1988 il cardinale Anastasio Ballestrero Arcivescovo di Torino annuncia i risultati dell’analisi: la radiodatazione fa risalire la Sindone a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390. Secondo questi dati il telo sindonico non poteva quindi aver avvolto il corpo di Cristo, essendo stato tessuto nel Medioevo. (Il risultato confermava invero l’indagine storica, che non era riuscita a trovare traccia della Sindone di Torino prima del 1346, allorché un piccolo feudatario  -  Goffredo di Charny  -  se la era portata in Francia come bottino di guerra della crociata di Smirne).

            Ma ecco la svolta. Nell’aprile del 1997  -  dopo l’incendio della cappella del Guarini dove la Sindone era custodita  -  il cardinale Giovanni Saldarini (successore di Ballestrero a Torino), durante una cerimonia nell’aula del Consiglio regionale piemontese per ringraziare pubblicamente i salvatori del Sacro Lino, dice pubblicamente:

 

            Io sono convinto che la Sindone avvolse realmente il corpo di Gesù.

 

            A questo punto la stampa si impadronisce della notizia dandole enorme risalto. Ma che cosa era successo tra il 1988 e il 1997? Forse erano state effettuate altre clamorose scoperte? Niente di tutto questo. Il Papini ci mette al corrente invece delle complesse manovre condotte soprattutto dal Centro Sindonologico torinese, allo scopo di screditare le analisi al 14C effettuate nel 1988. Le contestazioni spinsero alcuni addirittura a mettere in dubbio la buona fede degli scienziati che avevano effettuato le analisi (tra i più seri del mondo!). Qualche altro ipotizzò una manipolazione (sostituzione) dei campioni (da parte della stessa Chiesa?). Infine, poi, venne fuori la “teoria del ringiovanimento del telo”. Questa trovò sostegno negli esperimenti di un fisico russo, che cercò di dimostrare che il maltrattamento (apporto di sporcizia, riscaldamento) subito dal tessuto sindonico avrebbe profondamente modificato la struttura delle fibre, falsando il risultato delle analisi. I sindonologi fecero subito propria tale teoria, trascurando le dichiarazioni di eminenti studiosi che ne ridimensionavano la portata. Per esempio, il professor Gallino del Politecnico di Torino affermò che per spiegare la datazione medievale con un ringiovanimento del lino dovuto a contaminazioni ambientali, i campioni affidati nel 1988 ai tre laboratori di analisi dovevano essere costituiti per più di due terzi da impurità. In altri termini, se si discutesse di una differenza di 50 anni, si potrebbe forse anche tener conto della teoria dell’analista russo. Ma per una differenza di circa 1300 anni, essa non è neppur da prendere in considerazione!

            Tuttavia sulla vicenda calcarono la mano alcune organizzazioni cattoliche, assieme a qualche opinionista assai noto, come Vittorio Messori. Costui, per esempio, ebbe la sfrontatezza di scrivere, facendo eco alla sterzata di Saldarini, dopo l’incendio della Cappella del Guarini:

 

            Chissà che adesso, scampato il pericolo, la Chiesa non ritrovi un minimo di dignità per prendere finalmente posizione sulla Sindone e cestinare la bufala truffaldina del 14C. Che la datazione medievale del Sacro Lino sia una truffa, ormai lo sanno tutte le persone serie...[e quindi]  è ora di mandare al diavolo i vuccumprà del 14C.

 

            Osserva a questo punto correttamente il Papini:

 

            Definire “vuccumprà del 14C” i dieci scienziati più seri e competenti nel settore, ben noti e stimati a livello mondiale  -  e “bufala truffaldina” la loro analisi  -  è indice di un profondo disprezzo per la scienza e per la modernità che non merita una sola parola di commento. E’ con questa mentalità che la cultura cattolica si accinge ad affrontare il terzo millennio?

 

            Ci siamo dilungati sulla radiodatazione col metodo del 14C, ma il Papini esamina tutta una serie di altri elementi, tra cui la perforazione dei chiodi ai polsi, la precisione delle macchie ematiche, i rivoli di sangue. Tutte presunte scoperte che sembravano escludere la possibilità di una falsificazione, e che  -  dimostra l’Autore  -  sono cadute di fronte a più approfonditi accertamenti.

            C’è poi la questione della formazione dell’immagine sul telo (più volte definita misteriosa), che come è noto è “negativa” con caratteri di “tridimensionalità”. Papini racconta in dettaglio la sperimentazione del professor Vittorio Pesce Delfino dell’Università di Bari, il quale ha mostrato che col metodo della strinatura [3] da bronzo riscaldato è possibile ottenere un’immagine avente tutte le caratteristiche di quella sindonica. A conferma di ciò, il libro del Papini reca in copertina una fotografia che chiunque riconoscerebbe come quella dell’Uomo della Sindone di Torino, divulgata migliaia di volte dai mass-media durante l’ostensione, e che è invece la fotografia in negativo della Sindone prodotta in laboratorio da Pesce Delfino.

            Un capitolo è poi dedicato alle presunte impronte delle monete sugli occhi, in cui alcuni sindonologi hanno creduto di riconoscere le monete del tempo di Pilato. Viene spiegato invece come costoro abbiano ecceduto nell’interpretare le elaborazioni al computer, pervenendo a risultati che  -  secondo il professor Garlaschelli dell’Università di Pavia  -  sono “personali e soggettivi”, e tali da ingenerare forti dubbi sulla validità del metodo adottato.

 

            Fin qui abbiamo esaminato la questione della “sfida alla scienza”. Ma il vero problema della Sindone non sta, paradossalmente, nella sua autenticità. Il libro del Papini si intitola infatti: “Sindone: una sfida alla scienza e alla fede”. Su questo secondo aspetto sia l’Autore sia altri evangelici torinesi (e qualche isolato cattolico!) hanno ripetutamente puntualizzato il loro pensiero, specialmente in occasione della recente ostensione. Nell’ultima parte del libro sono riportate alcune delle loro dichiarazioni:

 

            Se vogliamo incontrare Gesù Cristo e il suo volto sofferente, non dobbiamo cercare la mediazione di nessun lenzuolo funebre. Anche a Torino la tragedia del Cristo è scritta a chiare lettere nella vita dei poveri, dei più tribolati, degli emarginati, dei disoccupati... Cerchiamolo lì il Cristo, non nel lenzuolo!

 

            Nei Vangeli e non altrove abbiamo da scoprire non già i dettagli anatomici di un martirio, bensì i veri lineamenti spirituali del Cristo sofferente per imparare a riconoscerli nel volto di coloro che Gesù ha chiamato i suoi minimi fratelli.

 

            Poiché siamo chiamati a riporre la nostra fede in Gesù Cristo e in Colui che lo ha mandato, ricercare dei segni o degli oggetti per avvalorare il nostro credere non è sfiducia? (...) Non è dal vedere un volto raffigurato in un lenzuolo che può nascere o aumentare la nostra fede in Gesù Cristo, ma dall’attenersi fermamente alla testimonianza della Bibbia, la Parola di Dio...

 

            Giustamente i protestanti, fedeli al proprio orientamento verso una fede sostenuta esclusivamente dalla Bibbia, sono convinti che un riferimento religioso legato comunque a oggetti o raffigurazioni possa inquinare la sincerità della confessione di fede. Purtroppo invece la tradizionale devozione per le immagini e le reliquie è parte integrante della prassi e della spiritualità cattolica. Ma c’è modo e modo per fare le cose! L’Autore infatti conclude:

 

            La ripresa delle ostensioni è una sfida anche al dialogo e al cammino comune delle chiese cristiane nella città di Torino.

 

            Questo libro mi ha veramente impressionato. Nonostante la mia preparazione archeologica unita ad una innata prudenza, devo confessare che talvolta mi ero lasciato influenzare dalle notizie di una campagna sapientemente orchestrata con pretese scientifiche. Il lavoro del Papini mi ha fatto aprire gli occhi. Ne consiglio vivamente la lettura a tutti coloro che desiderano essere informati sulla questione delle reliquie vere o presunte e su certi metodi poco corretti usati talvolta per influenzare la pubblica opinione. Inoltre, l’Autore ha saputo astenersi dalla tentazione di usare toni polemici o offensivi. Anzi, mi piace sottolinearne lo stile pacato, fraterno e sofferto. Perciò è un libro che si può consigliare anche ai cattolici, senza dover temere reazioni di rigetto.

 

 

                                                                                                       Davide Valente, giugno 98

 

 

            [1] Carlo Papini è nato nel 1933 a Genova, dove ha conseguito la laurea in giurisprudenza. Dal 1965 al 1998 è stato direttore editoriale della Claudiana di Torino. Da oltre vent’anni effettua studi sulla Sindone, ed ha pubblicato altri libri e articoli su vari periodici.

 

            [2] La radiodatazione col 14C è il metodo scientifico più attendibile usato per la datazione di reperti storici. Esso è basato sulla presenza nell’atmosfera di una varietà rara e radioattiva del Carbonio (l’isotopo 14 o 14C). Nel complesso ciclo del metabolismo gli organismi viventi scambiano anidride carbonica con l’atmosfera, e contengono quindi una concentrazione di 14C uguale a quella dell’ambiente. Nelle sostanze inerti (morte) di origine organica (come il lino del tessuto della Sindone) la concentrazione del 14C invece diminuisce gradatamente col passare del tempo, a causa della sua radioattività. Dalla misura della concentrazione odierna di 14C nel tessuto dei campioni della Sindone si può quindi risalire all’epoca in cui è stato raccolto il lino per tessere il lenzuolo. Di recente si è trovata una metodologia di indagine che permette di effettuare esami dettagliati anche su campioni di piccole dimensioni.

 

            [3] Si definisce strinatura una lenta e graduale “cottura” del tessuto. Il processo è simile a quello che sperimenta la massaia distratta quando lascia per un certo tempo il ferro da stiro caldo sul panno bianco del tavolo. Si forma una “macchia” di colore giallo-bruno  -  più o meno scuro a seconda del tempo di sovrapposizione del ferro caldo  -  che risulta indelebile con i normali detersivi. La scoperta della strinatura era stata fatta da un gruppo di scienziati americani che nel 1978 avevano effettuato accurate indagini sulla Sindone, ma fu volutamente ignorata dai sindonologi di Torino, che miravano invece ad una spiegazione “naturale” delle impronte, che lasciasse aperta la strada al “mistero”.