LA CHIESA ATTRAVERSO I SECOLI Parte 3

 

LA  CHIESA  ATTRAVERSO  I  SECOLI

 

             TERZA   PARTE:         I  Movimenti  di  Risveglio dell’800 e del ‘900

 

     Nel 1800 e all’inizio del 1900 si manifestarono in seno alla cristianità dei movimenti che pregiavano soprattutto la "conversione", cioè la decisione personale di abbandonare il costume di vita mondano abbracciando la realtà salvifica di Cristo. Questi movimenti erano caratterizzati inoltre da una profonda riflessione sui principi della fede cristiana e dalla riscoperta di alcune affermazioni della Scrittura.

      L’apparire di questi movimenti viene definito “Risveglio” (intendendolo come risveglio della fede).

      Alcuni considerano nel Risveglio anche il Movimento Metodista del XVIII secolo, che invece avevamo indicato, nella seconda parte di questo studio sulla Chiesa, con il termine inglese Revival, che in effetti significa anch’esso risveglio. (Talvolta per “Risveglio” è usato anche il termine Awakening).

 

         Le Chiese o Assemblee dei Fratelli

 

    Le origini di questo Movimento vanno ricercate nella prima metà dell'ottocento in Gran Bretagna, dove i “Fratelli” rappresentarono una reazione e una opposizione di natura tipicamente religiosa alla confusione spirituale presente in quel tempo nel mondo britannico, nel quale spesso Chiesa e Impero finivano per sovrapporsi e confondersi in un'ibrida identità.

     Questi credenti, usciti dalle chiese ufficiali, si ritrovavano uniti insieme dal comune rifiuto delle strutture ecclesiastiche e della gerarchia clericale, oltre che da un intransigente rifiuto del "mondo" e da un'attesa fiduciosa del Ritorno di Cristo. Erano fortemente attaccati alla Scrittura e ad una radicale applicazione del Vangelo, ed interpretavano la Cena del Signore come segno dell'unità del Corpo di Cristo. Mettevano invece in secondo piano il Battesimo, definendolo talvolta un segno dei tempi apostolici, ormai senza importanza. Il primo nucleo si costituì a Dublino, nel 1825, ma presto il baricentro del movimento si spostò a Plymouth, per cui gli appartenenti a questi gruppi divennero noti come Plymouth Brothers (“Fratelli di Plymouth”). Ecco i nomi di alcuni dei pionieri:

-   A. N. Groves, proveniente dalla chiesa anglicana. Nell'Assemblea di Plymouth rappresentò l'ala più aperta. Riflettendo sulla questione che tutti coloro che credono in Cristo sono salvati e hanno diritto di chiamarsi figli di Dio, ne dedusse che costoro devono ritenersi tra loro fratelli. Perciò arrivò a formulare l’affermazione che "i termini della comunione non possono differire da quelli della salvezza" (1827).

-   J. N. Darby, proveniente anch'egli dagli anglicani. Riflettendo sulla situazione della chiesa, egli si convinse che dopo il periodo apostolico si era verificata nella cristianità una vera e irreversibile apostasia, e che pertanto era vano tentare di riformare la chiesa. Anzi, ai pochi veri credenti sparsi qua e là (rimanente fedele) non restava altro da fare che uscire fuori. Di conseguenza dichiarò che "la base della comunione è la separazione dal male", ed impresse al suo gruppo un carattere separatista.

-   E’ da ricordare poi ancora G. Müller, luterano, unitosi nel lavoro al gruppo di Groves. Costui fu l'iniziatore e l'animatore della comunità di Bristol, ed ebbe un'accentuata visione evangelistica ed assistenziale (sono noti i suoi orfanotrofi).

     Nel 1848, sulla questione delle "chiese apostate" e del "rimanente fedele" si consumò quello che alcuni hanno poi definito il “dramma dei Fratelli”: cioè ci fu la netta e definitiva separazione tra i seguaci di Darby (darbisti), ossia gli exclusive brethren o Fratelli stretti e i seguaci di Groves e Müller, noti come open brethren o Fratelli aperti.

     In seguito questa corrente aperta si sviluppò notevolmente, fino ad assumere una dimensione mondiale, con forti accentuazioni evangelistiche e missionarie. Oggi i Fratelli sono presenti in 125 paesi e contano circa un milione di credenti. In Italia gli appartenenti a questo movimento sono circa diecimila con più di 220 assemblee.

     Ricordiamo per sommi capi le successive fasi del movimento in Italia. Esso prese le mosse ovviamente dalla Gran Bretagna, dove, a metà dell’800, si trovava un gruppo di esuli italiani, convertiti all'evangelo in seguito a contatti avuti con gruppi "risvegliati" inglesi e svizzeri. Si riunivano a Londra, in Oxford Street, secondo le consuetudini dei "Fratelli aperti", e componevano anche inni, alcuni dei quali sono giunti fino a noi.

     Parallelamente, nel 1835, leggendo le Scritture, si convertì in Italia Piero Guicciardini, nobile fiorentino. Venne arrestato in una casa privata con altri fratelli in fede (leggere la Bibbia per conto proprio era allora un reato) e dovette andare in esilio. A Londra entrò in contatto sia col gruppo di Oxford Street sia con altri esuli italiani, tra i quali si trovava il fuggiascoTeodorico Pietrocola Rossetti. Guicciardini gli parlò del Signore, il Rossetti si convertì e poco dopo, con l'approvazione dei Fratelli inglesi, venne inviato in Piemonte (dove c’era una relativa libertà religiosa) "per predicare il Vangelo" (così era scritto sul suo passaporto firmato da Cavour). Nel 1857 il Rossetti si stabilì nella provincia di Alessandria, e per qualche tempo soggiornò anche a Torino. Si formarono così le prime assemblee italiane (definite in un primo tempo "Chiese Libere"), col rifiuto di ogni struttura interecclesiale. Su iniziativa del Rossetti, cominciarono a Spinetta le prime Agapi. Dopo l'Unità (1860), tornò in Italia anche il Guicciardini, e si stabilì nella sua Firenze frequentandone l'Assemblea. Verso la fine del 1800, scomparsi i "pionieri", prese le redini del Movimento lo scozzese J. Anderson, già appartenente alla Missione Battista in Italia. Tra incomprensioni e contrasti, venne istituita a Firenze l’Opera delle Chiese Cristiane dei Fratelli (Ente Morale), a cui venne intestata la proprietà dei locali di culto. La diffusione delle assemblee dei Fratelli fu notevole nel periodo iniziale, specialmente in Piemonte e Liguria. In seguito, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, si ebbero forti attestazioni in Puglia, Basilicata e Sicilia. Oggi queste assemblee sono generalmente caratterizzate da una spiccata autonomia (congregazionalismo), salvo alcune limitate "strutture" comuni di servizio (Campi di studio, Convegni annuali, stampa periodici, ecc.).

     Quanto agli orientamenti dottrinali, viene anzitutto sottolineata la necessità della salvezza individuale, per grazia, mediante la fede in Cristo. C’è un forte attaccamento alla Scrittura, letta spesso con accentuazione letteralista. Solo i “convertiti” (adulti) possono essere battezzati, e solo dopo il battesimo possono essere ammessi alla Santa Cena. Viene sostenuto il concetto del cosiddetto “sacerdozio universale”. Per altro, si risente l’influenza di alcune convinzioni del Darby, per esempio nel “dispensazionalismo”, nel pessimismo riguardo alla chiesa (vedi l’interpretazione di alcune parabole sul Regno), nell’escatologia millenarista e in una forte accentuazione della libertà di scelta dell’uomo per la salvezza (arminianesimo). (In effetti, lo stesso Rossetti considerava il Darby “un grande maestro”). L’influenza darbista è poi talvolta presente in certi atteggiamenti estremi di autocompiacimento (siamo la “vera chiesa”, siamo il “rimanente fedele”) che, ove presenti, conducono inevitabilmente all’isolazionismo e al rifiuto di tutte le altre realtà evangeliche.

       Dal canto loro, le Assemblee dei fratelli stretti (o darbisti) sono pure tuttora presenti all’estero e in Italia, sebbene in misura assai ridotta. Fino ad un recente passato, erano caratterizzate da una gelosa custodia della loro “purezza” , e consideravano una “contaminazione” qualunque rapporto o contatto con altre comunità, compresi i “Fratelli aperti”. Si ritengono a ragione maestri nelle ricerche bibliche, specialmente nel campo delle profezie e dell’Apocalisse (il trinomio “rapimento - tribolazione - millennio” appartiene alla loro matrice), e sono particolarmente portati alla “tipizzazione” dei personaggi dell’Antico Testamento. Rifuggono da ogni rapporto col “mondo”, il quale, come abbiamo già rilevato, secondo loro non è per nulla migliorabile da eventuali interventi dei cristiani (è una nave che affonda, l’unica cosa da fare è di mettersi in salvo); quanto ai credenti, il loro dovere è di testimoniare della salvezza in Cristo e di aspettare il ritorno del Signore, che non potrà tardare, perché siamo negli ultimi tempi (“Teologia dell’attesa”). Inoltre, salvo qualche eccezione, hanno conservato l’abitudine di battezzare i bambini (pedobattismo).

 

            L’Azione Biblica

 

       L’Azione Biblica è un’opera di fede cristiana, indipendente, che fa capo alla Scuola Biblica di Ginevra, che circa dal 1920 è un centro di insegnamento, aperto a tutti i credenti che desiderano studiare la Bibbia. L’impronta è fondamentalista, legata ad influenze darbiste. Scopo principale dell’Azione Biblica è di far conoscere la salvezza mediante la fede in Gesù Cristo e le ricchezze di una vita cristiana autentica. Ha sviluppato diversi settori di attività, fra cui varie Assemblee, soprattutto in Svizzera e Francia, e anche in altri paesi, fra cui l’Italia. Organizza corsi e campeggi biblici, e gestisce la Società Biblica di Ginevra, quale editrice delle Sacre Scritture (negli ultimi anni ha stampato l’edizione della Nuova Riveduta). Per la diffusione della Parola di Dio si serve di librerie chiamate “Casa della Bibbia” (a Genova in Via Balbi e a Torino in Corso Botticelli).

 

            Le Chiese di Cristo

 

      Il movimento delle Chiese di Cristo si è sviluppato negli Stati Uniti all’inizio dell’800. I suoi fondatori partirono dalla considerazione che in ogni chiesa o denominazione esistono dei cristiani i quali oltre a seguire la Bibbia accettano anche delle tradizioni umane. Per tale motivo essi cercarono di indurre coloro che, per amor di Dio, sentono di seguire solo la Bibbia, a riunirsi insieme. Il loro pensiero viene espresso in questa massima: “Parlare quando la Bibbia parla, tacere quando essa tace”. Le chiese di Cristo si ricollegano perciò idealmente al periodo apostolico che vide il sorgere delle prime comunità cristiane. Pertanto rifuggono da agganci teologici con altre realtà protestanti od evangeliche, enfatizzando tuttavia il testo di Romani 16:16: “Tutte le Chiese di Cristo vi salutano”, che viene inteso come segno di identità ideale e di connessione storica con l’unico tempo che interessa veramente, quello degli apostoli.

      Possono diventare membri delle Chiese di Cristo solo gli adulti che accolgono per fede il perdono di Dio attraverso Cristo, e lo esprimono attraverso il segno / simbolo del battesimo per immersione, che vuole significare promessa di cambiamento di vita per la potenza trasformatrice del Vangelo e vocazione al discepolato. (Il significato del battesimo come testimonianza della fede, pur presente, è secondario a fronte del solenne impegno personale assunto davanti alla comunità).

    Ogni comunità locale è autonoma. I ministeri particolari (vescovi, diaconi, evangelisti) sorgono nell’ambito delle stesse chiese e sono da esse riconosciuti.

        Le Chiese di Cristo rifiutano ogni privilegio da parte dello Stato (patti o concordati), chiedendo solo il diritto di compiere la loro opera di testimonianza.

      I loro aderenti nel mondo sono oltre 5 milioni, raccolti soprattutto in alcuni Stati dell’America del Nord. In Italia le “Chiese di Cristo” sono sorte a partire dal 1949, e oggi sono attestate su circa un migliaio di membri raccolti in una quarantina di comunità o gruppi.

 

            Gli Avventisti del Settimo Giorno

 

      Anche l'origine di queste chiese va inserita nei movimenti di risveglio della metà dell'800. Il nome "avventisti" significa credenti nel prossimo secondo "avvento" (= venuta) di Cristo, e “del Settimo Giorno” significa che viene dato particolare risalto al giorno del riposo settimanale, che per loro è il Sabato (per questo motivo, vengono definiti talvolta in senso spregiativo “sabatisti”). All'inizio, negli Stati Uniti, ci fu tutta una serie di "visioni", a cui seguirono indicazioni precise di date, via via poi modificate, sul ritorno del Signore. Ad un certo punto venne indicato l’anno (1844) ed il mese (marzo) in cui l’avvento glorioso si sarebbe dovuto verificare Ma, essendo giunta la data senza che l’avvenimento atteso si realizzasse, l’interesse intenso che era stato suscitato intorno alla predicazione del “secondo avvento” subì un colpo durissimo e finì quasi per svanire. Tuttavia un gruppo di aderenti al movimento continuò a credere che nella proclamazione del messaggio del ritorno di Cristo vi erano molti elementi validi che non dovevano essere abbandonati. Non si doveva cadere nell’illusione di voler precisare la data, ma la Chiesa doveva vivere “nell’attesa del Signore che stava per tornare (avvento)”. Così quei primi Avventisti si diedero, con preghiere e digiuni, ad un profondo studio della Scrittura, col vivo desiderio di scoprirvi la volontà rivelata da Dio, per uniformarsi ad essa nella fede e nella condotta, in modo da prepararsi degnamente per incontrare il Signore.

          Abbiamo già osservato che una delle "visioni iniziali" del movimento avventista fu quella di indicare il sabato come il vero ed unico "settimo giorno consacrato" di cui parla la Bibbia. La rivalutazione spesso letterale delle norme divine di comportamento portò gli Avventisti a sottolineare soprattutto il dovere di versare la “decima”. Pertanto essi oggi “restituiscono a Dio” il 10% dei loro guadagni, e questa generosità permette loro di sostenere un’attività missionaria ed assistenziale veramente gigantesca. Così essi dimostrano come sia possibile conciliare la Teologia dell’Attesa con la Teologia dell’impegno, costituendo un esempio ed uno stimolo per tutti i cristiani.

          Gli Avventisti affermano che solo Dio è immortale, mentre la natura umana è peccatrice e mortale. Di conseguenza essi negano l'immortalità dell’anima "in generale", affermando che "alla fine", solo ai redenti verrà conferita l'immortalità (dopo la "prima risurrezione"), mentre i perduti saranno "annientati" (dopo la "seconda risurrezione"). Le dottrine fin qui esposte sono state trascritte in numerosi libri, nella seconda metà del’800, dalla signora White (moglie del pastore E.Withe), alla quale ancor oggi gli Avventisti riconoscono un’autorità di “profetessa”, anche se subordinata a quella dei testi biblici.

       Indubbiamente, la dottrina dell’annientamento, insieme a quella del sabato, possono creare difficoltà per eventuali rapporti cristiani interdenominazionali. Tuttavia bisogna riconoscere che gli Avventisti predicano la "salvezza mediante la sola grazia in Cristo", e anche le loro più tipiche osservanze (come quelle della decima) non hanno mai come scopo il conseguimento della salvezza per le opere. Essi affermano categoricamente che prima viene la fede, e poi l'obbedienza della fede. I credenti vengono battezzati per immersione, dopo aver professato pubblicamente la loro fede.

       Gli Avventisti sono oggi presenti in tutto il mondo (oltre 10 milioni). Hanno in totale oltre l00.000 persone impegnate, tra predicatori fissi e itineranti. In Europa contano oltre 200.000 seguaci (solo in Romania sono presenti 520 chiese). In Italia sono arrivati intorno al 1920, ed oggi contano 90 chiese, con oltre 5000 membri.

      Pur sostenendo la netta separazione tra Chiesa e Stato, da qualche anno gli Avventisti italiani hanno stipulato col governo la convenzione per la restituzione dell’otto per mille, il cui introito ha permesso di incrementare ulteriormente le attività assistenziali.

 

            Il Movimento Pentecostale

 

       I Pentecostali costituiscono il più cospicuo movimento di risveglio esploso in seno al protestantesimo contemporaneo. Essi sono il risultato di una vasta fermentazione religiosa prodottasi negli ambienti popolari evangelici in varie parti del mondo all'inizio del 1900. Tipico sintomo di questi fermenti fu il famoso risveglio del Galles, prodottosi negli anni 1904 - 1908, che in quella depressa regione della Gran Bretagna ebbe influenze veramente dirompenti. Secondo le cronache del tempo, le persone che si pentivano pagavano i loro debiti, mettevano ordine nella loro vita e diventavano dei modelli di onestà e di sobrietà, molti ritrovi mondani e luoghi di divertimento cessavano le loro attività, e gli effetti duravano nel tempo.

       Nel 1906 a Los Angeles si produsse un analogo fenomeno. In alcune comunità si determinò una tale ondata di entusiasmo religioso che i convenuti si sentivano come partecipi di una nuova pentecoste. Diversi, trasportati dall'entusiasmo, “parlarono in lingue”, e ciò venne interpretato come conforme a 1 Co 12:10,30.

     Nel corso degli anni il movimento pentecostale si diffuse in Europa, nell'America Latina, in Asia e in Africa. Oggi, nelle più diverse parti del mondo, il pentecostalismo è in prima linea sul fronte missionario e nella testimonianza cristiana negli ambienti più diversi.

     Quanto alla dottrina, i pentecostali presentano un accentuato biblicismo di stampo fondamentalista, proclamano la salvezza per grazia mediante la fede e praticano il battesimo d'acqua per i nuovi convertiti. Inoltre, anch’essi affermano con forza l'imminente ritorno di Cristo.

    Per altro, ciò che li differenzia dagli altri movimenti evangelici è la dottrina sullo Spirito Santo. I pentecostali distinguono la “nuova nascita”, che si ottiene al momento della conversione, dal "Battesimo nello Spirito”, che viene indicato come una "seconda esperienza", più profonda e desiderabile anche se non necessaria per la salvezza. Quando avviene quest'esperienza, i credenti ricevono il "segno delle lingue" (una sola volta nella vita), come gli Apostoli il giorno della Pentecoste. Altra cosa è invece il "dono delle lingue", che consiste nell'emettere suoni inarticolati ed incomprensibili, mentre il credente è in preda a una sorta di trasporto estatico (vedi 1 Corinzi cap. 12,13,14). La guarigione per fede è un altro dei "carismi" (= doni dello Spirito) della chiesa primitiva rimesso in onore tra i pentecostali. (Tuttavia, c'è chi non rifugge dall'usarla come mezzo di attrazione, ed in alcuni ambienti la pretesa miracolistica perde ogni dignità). Riportiamo comunque al riguardo una dichiarazione del pastore valdese G.Bouchard: "Non si può negare che negli ambienti più seri avvengano in effetti delle autentiche guarigioni per fede. In ciò il movimento pentecostale è un segno e un pungolo per le altre chiese, dove i doni di guarigione sono ben più rari".

      Il gruppo più cospicuo delle chiese pentecostali nel nostro paese è costituito dalle Assemblee di Dio in Italia (ADI). Esse si ricollegano al Risveglio di Los Angeles, dal quale il messaggio pentecostale si sparse in tutti gli stati dell’Unione e raggiunse a Chicago un gruppo di evangelici italiani, che ben presto organizzarono una loro comunità. Da questa chiesa italiana nel 1908 partì un missionario (G. Lombardi), definito dagli apostolici di oggi “un fedele servitore di Dio, senza alcuna istruzione o preparazione teologica, tranne quella donatagli dal fuoco dello Spirito Santo e dalla passione per i perduti”. Da lui ebbero inizio alcune comunità a Roma, in Calabria e in Abruzzo. In seguito, come effetto della testimonianza di numerosi emigrati tornati in Italia, si costituirono altre chiese e gruppi. Negli anni del periodo fascista che vanno dal 1935 al 1944, duri da sopportare per tutti gli evangelici, le ADI dovettero subire grandi persecuzioni. I loro membri, trovati a celebrare il culto, venivano arrestati in massa, in case private o in zone rurali, e condannati al confino di polizia o al carcere. Queste persecuzioni non fermarono però l’espansione del movimento, che nel 1959 venne poi riconosciuto giuridicamente dallo Stato italiano. La struttura organizzativa si articola in zone (gruppi di chiese) coordinate da Comitati, e dall’Assemblea Generale, che viene convocata ogni due anni e che è l’organo legislativo delle ADI.

      Nel campo pentecostale, oltre alle ADI, sono da annoverare poi numerosissime Chiese Libere, non necessariamente affiliate con altri movimenti gerarchicamente costituiti. Ciò nonostante, queste comunità nel corso degli anni si sono variamente aggregate, sia a livello nazionale che internazionale, pur restando ogni comunità indipendente relativamente alla scelta dei propri conduttori, all’esercizio dei ministeri e all’amministrazione dei propri beni.

    Tra le molte ramificazioni della galassia pentecostale citiamo ancora l'opera “Fiumi di Potenza”, cominciata nel 1961 dal missionario svizzero Ernesto Bretscher senior, prima in Calabria con un'attività capillare, poi nel Casertano e a Torino. A partire da questo filone, negli anni novanta si dirama un movimento denominato Chiesa Evangelica della Riconciliazione (per opera di G. Traettino ed E. Bretscher junior), con tre obiettivi: un’opera massiccia di evangelizzazione (Riconciliare i Perduti), una ricerca costante di contatti e rapporti con tutte le chiese cristiane (Riconciliare i Cristiani), un’azione articolata e complessa nel campo sociale e assistenziale (Riconciliare il Mondo).

       Secondo una stima, i pentecostali sarebbero oggi nel mondo circa 50 milioni, e in Italia oltre 200.000, superando tutti gli altri protestanti messi insieme.

 

            La Chiesa Apostolica

 

      Assai simile al movimento pentecostale è la Chiesa Apostolica, frutto del grande risveglio del Galles di cui abbiamo parlato prima. In essa è stato rimesso in valore il ruolo degli "apostoli" e dei "profeti" come "ministeri pratici" nella chiesa, secondo Efesini 4:11-16, e la presenza concreta dei “nove doni dello Spirito Santo” (carismi), di cui parla l’Apostolo Paolo in 1 Corinzi 12: 8-10. Quindi è abituale nelle riunioni degli apostolici ascoltare, accanto a predicazioni tenute sulla base di un testo biblico, anche dichiarazioni “ispirate” di profeti, a cui viene riconosciuta una consistente autorità; e sono frequenti anche casi di glossolalia (parlare in lingue). La vita delle comunità è curata dai pastori, dottori, anziani e diaconi, sotto la responsabilità degli apostoli (da ciò il nome di Chiesa Apostolica).

            Quanto alle posizioni dottrinali, gli apostolici affermano l’autorità delle Scritture, la salvezza per grazia, il battesimo degli adulti convertiti, la Santa Cena, la Seconda Venuta di Cristo, oltre ovviamente alle convinzioni particolari sui ministeri e sui doni, riferite in precedenza. E’ da rilevare tuttavia l’affermazione degli apostolici della “possibilità di scadere dalla grazia” (posizione per altro diffusa anche negli altri movimenti pentecostali). Questa dichiarazione ha suscitato amare controversie con altri movimenti evangelici che affermano con forza che “la salvezza non si perde” (e ciascuno ha fior di versetti a disposizione per difendere la sua tesi!). Non è questa l’occasione per approfondire i termini della diatriba; basti però considerare che anche in questo caso ci troviamo di fronte a due dottrine apparentemente antitetiche, che per essere capite e armonizzate richiederebbero maggiore disponibilità all’ascolto degli altri credenti e maggiore umiltà.

            Col tempo la Chiesa Apostolica si è diffusa in tutti i continenti e, per esempio, è particolarmente forte in Nigeria, dove conta 3000 chiese con oltre 300.000 credenti.

            In Italia gli Apostolici sono arrivati nel 1927, ed oggi sono notevolmente attestati.

 

            Il Movimento Carismatico

 

            Un movimento simile a quello pentecostale è il Movimento Carismatico, che dall’ambiente evangelico è passato alla chiesa episcopale ed anglicana, e di qui alla cattolica. Esistono oggi milioni di carismatici cattolici che rivivono nel loro ambito ecclesiale esperienze di tipo pentecostale. Ma si può dire che non vi sia una chiesa tradizionale (luterani, riformati, ecc.) in cui non esista oggi un movimento carismatico. E, a differenza dei pentecostali veri e propri, questi carismatici si annoverano prevalentemente tra gli strati colti della popolazione.

 

            L’Esercito della Salvezza (Salutisti)

 

            Per capire fisionomia e storia di questa singolare organizzazione evangelica bisogna tener presente il quadro sociale e religioso dell'Inghilterra alla metà del secolo scorso. Gli effetti della rivoluzione industriale si facevano sentire in tutta la loro pesantezza: città che crescevano come funghi, bassi salari, lavoro minorile diffuso, giovani facili prede del crimine.

            Quella era la situazione in cui si svolse il ministero di William Booth (1829-1912). Nato a Nottingham in una famiglia di ceto medio impoverita, Booth conobbe la triste sorte delle classi lavoratrici. Convertitosi a una fede attiva in ambiente metodista, Booth si impegnò presto come evangelista a tempo pieno. Poiché però la Chiesa metodista poneva remore alla sua azione, dopo qualche anno egli continuò la sua opera in modo del tutto indipendente, entrando così in contatto con le masse lavoratrici staccate da ogni chiesa. L'incontro decisivo nacque da un fatto occasionale: Booth era stato invitato a sostituire un collega ammalato in una di quelle “predicazioni sotto la tenda” tipiche del “risveglio” ottocentesco. La sua parola convinta, profonda e anche spiritosa riscosse un successo di massa (1865). Tutte le ostilità furono superate: distrutta la tenda da parte di qualche teppista, si sperimentarono le riunioni all'aperto, che dovevano diventare più tardi un dato caratteristico dell'evangelizzazione salutista (da “salute” nel senso di “salvezza).

      Ogni convertito diventava un centro d'iniziativa missionaria (tutti si consideravano “salvati per salvare”). Di fronte al tumultuoso sviluppo dell'opera, Booth si rese conto della necessità di un'organizzazione, e la copiò liberamente dall’esercito britannico. Nacque così l'Esercito della salvezza(1878)con le divise, i gradi militari e le bande musicali.

      Ben presto Booth gettò tutto il peso di quest'organizzazione in una grandiosa crociata per il recupero morale e sociale degli emarginati: dalla lotta contro l'alcolismo alla denunzia della tratta delle bianche, dagli alberghi del popolo alle mense gratuite, dalle scuole alle case di riposo, dai lebbrosi dell'India ai deportati della Guyana, nessun campo restò estraneo all’azione dei salutisti. Al primo posto restava però la predicazione e lo scopo di ogni attività salutista era la conversione dei peccatori. Però Booth sapeva che “è difficile salvare un uomo che ha i piedi bagnati”. Con questa duplice impostazione, evangelistica e assistenziale, l'Esercito della salvezza s'irradiò con rapidità in tutto il mondo. Oggi è presente in 93 Stati, ha 14.000 comunità (corpi e posti), 17.000 ufficiali in servizio attivo, 2.500.000 soldati (membri professanti), 4.700 centri sociali, 1.300 scuole, ecc.

      L'Esercito non pretende originalità dottrinale; al massimo mette in rilievo alcuni elementi tipici dell'eredità metodista (come la necessità di sperimentare la conversione) e anche un certo ottimismo: ogni essere umano, per quanto traviato, può essere trasformato dalla grazia di Cristo.

      L'Esercito non amministra direttamente i “sacramenti” (Battesimo, Santa Cena), temendo deviazioni di tipo ritualista, ma all'occasione si appoggia su altre chiese evangeliche. La sua etica è limpidamente puritana, il fumo e gli alcolici sono vietati; la disciplina dell'amore e del matrimonio è fortemente sottolineata, ma senza ipocrisie farisaiche.

Nonostante le apparenze, il salutismo ha poi alcuni caratteri democratici accentuati, tra cui l'assoluta eguaglianza tra uomini e donne. Infatti talvolta il generale (responsabile mondiale) è una donna. Certo quest'organizzazione porta i segni del mondo inglese in cui è nata, e in cui si colloca ancora la sua diffusione prevalente. Ma è presente in mezzo a noi e affronta i problemi morali e spirituali del nostro tempo con uomini e donne autentici, con iniziative veramente cristiane e con una vitalità che non è affatto esaurita.

In Italia l'Esercito è presente dal 1887 e vi conta 36 corpi e posti, 40 ufficiali, 8 centri sociali e circa 2.000 aderenti.

 

Considerazioni conclusive

 

     La pluralità delle confessioni evangeliche è spesso fatta segno da parte cattolica di un giudizio di valore negativo. Il Protestantesimo è ritenuto il simbolo di quella frattura che ha compromesso la stabilità della chiesa e ne ha infranto l’unità. Dinanzi al monolite romano raccolto intorno al magistero dei suoi pontefici, si vede un mondo protestante spezzettato e discorde. Separarsi da Roma sarebbe stato per il Protestantesimo una specie di secondo peccato originale, che l’avrebbe portato a disperdersi in uno scisma continuo.

       Per altro, da parte nostra, parlando del Protestantesimo e in particolare del Risveglio, abbiamo sottolineato la questione capitale, presente in tutti i suoi movimenti: il cristianesimo vissuto in modo formale, senza convinzione, non è vera fede. Occorre la partecipazione diretta del credente, che riceve salvezza non perché qualcuno un giorno gli ha amministrato un sacramento, ma perché lui stesso ha sperimentato l’incontro personale con Cristo Salvatore e Signore.

       Tuttavia non possiamo tacere il disagio che si prova di fronte alla frammentazione delle confessioni evangeliche. Causa di ciò è quasi sempre l’interpretazione particolare data ad alcuni passi della Scrittura. D’altra parte, il Protestantesimo fin dalle sue origini ha inteso diffondere la Scrittura facilitandone la lettura con le traduzioni nelle lingue parlate dal popolo, ritenendo che il pericolo di deviazioni, enfatizzazioni o addirittura di errori non poteva neanche essere paragonato al pericolo di dimenticare la Bibbia. Per superare dunque il disagio, dovremmo ritornare alle considerazioni del Groves, a cui abbiamo fatto cenno parlando delle origini del Movimento dei Fratelli. Dobbiamo cioè constatare che chi ha accettato Cristo come suo Salvatore ha il diritto di considerarsi figlio di Dio, secondo Giovanni 1:12. Ma se Dio gli ha dato questo diritto, allora vuol dire che noi abbiamo il dovere di considerarlo nostro fratello. E infatti il Groves diceva che “i termini della comunione non possono differire da quelli della salvezza”.

       La conseguenza di tutto ciò è per altro assai rilevante. Infatti molti membri del movimento dei Fratelli asseriscono che eventuali rapporti con altre correnti evangeliche ci spingerebbero a trascurare la sana dottrina. Ora, se si mettono sullo stesso piano tutte le convinzioni dottrinali, questa conclusione è inevitabile e il problema è chiuso in partenza. Ma la cosa cambia se, per facilitare il ragionamento, supponiamo che si possano tener separate le questioni dottrinali importanti (per esempio la salvezza per grazia, l’autorità della Scrittura) da quelle secondarie (per esempio il battesimo, i doni, i ministeri, l’escatologia, la posizione della donna, ecc.). E’ fuori discussione che anche riguardo a queste dottrine secondarie noi possiamo avere ferme e radicate convinzioni. Se però, quando incontriamo gli altri, ci mettiamo ad affermare ad ogni piè sospinto che la pensiamo in quel modo perché così dice la Bibbia, ci troveremo inevitabilmente su una rotta di collisione con quei credenti che nel merito manifestano vedute differenti. Praticamente, è come se li accusassimo di non attenersi alla Bibbia; ma a loro volta gli altri potrebbero utilizzare lo stesso ragionamento per ritorcere le accuse contro di noi...

Il problema comunque non è nuovo, perché già nel V secolo dell’era cristiana Agostino aveva affermato: “Sulle cose fondamentali occorre l’unità, sulle cose secondarie la libertà, e su tutte occorre l’amore”.

Che il Signore ci aiuti quindi a guardarci attorno senza timore, per riuscire a vedere quante altre persone il Signore ha salvato come ha salvato noi, e quant’è grande, nonostante tutto, la sua Chiesa.

 

  Note bibliografiche

 

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                                                                            Davide Valente