INSEGNAMENTI DALL'ULTIMA CENA

INSEGNAMENTI  DALL'ULTIMA  CENA

 

La visione globale e “l’anello” - Spesso noi parliamo dell'ultima cena che Gesù consumò con i suoi, in modo staccato e frammentario, esaminando i vari episodi della stessa e le frasi dette dal Signore Gesù in quella circostanza in modo anali­tico. Certamente riceviamo dei grandi insegnamenti, consolazioni ed esortazioni.

Ma  penso ci sia anche un altro modo per esaminare quell'avvenimento, ed è quello globale. Cosa fece e cosa disse Gesù in quella occasione?

Vedremo, dopo questo esame, che gli atti e le parole di Gesù assumono una concatenazione ed una logici­tà che forse non avevamo potuto osservare prima. Inoltre questa sequenza di affermazioni e concetti, basi­lari per i figli di Dio, si chiude, in un certo senso ad “anello”: ossia termina nello stesso punto in cui inizia, quasi a significare una completezza e una totalità di insegnamenti.

Il mezzo – La risposta a Toma

Leggiamo Giov. 14:6  "Io sono la via, la verità e la vita....". Gesù pronuncia queste parole rispondendo alla domanda di Torna del vers. 5 "....come possiamo sapere la via?”   E’ questa la domanda che un giorno ci siamo rivolti, ed è la domanda che pronuncia l’uomo del mondo. “Io sono la via....”  risponde Gesù preci­sando ancora"... nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".  Sappiamo quindi che cosa significano queste parole:  Gesù è il "mezzo"  per giungere a Dio, per accedere alla presenza del Padre celeste.

L'unione – L’esempio della vite e dei tralci

Giov. 15:1 a 5 - "lo sono la vera vite, e il  Padre mio è il vignaiolo…..   Io sono la vite,  voi siete i tralci.  Colui che dimora in me e nel quale io dimoro porta molto frutto;  perché senza di me non potete fare nulla”.

Ecco un esempio meraviglioso della “unione” con Cristo. E’ una unione reciproca: noi in Lui e Lui in noi.

Così dev'essere la vita del credente. La dimora è veramente il luogo dove si vive, dove si passa il tempo, dove ci si riposa. Non è un semplice domicilio, forse definito da una targhetta col nome. No, è una dimora, e la nostra dimora deve essere Cristo.  Non basta essere cristiani per definizione, ma occorre esserlo di fatto, dimostrando coerenza per la fede che abbiamo professato.

L'affidamento a Dio da Cristo

Giov. cap. 17 -  Ecco alcune richieste elevate al Padre da  Gesù durante l'ultima cena, nella sua preghiera sacerdotale.

In esse viene manifestato “L’affidamento” a Dio dei discepoli di Gesù.  

Cristo stesso ci presenta a Dio e chiede a Lui di aiutarci.

Vers. 11 -  "Padre santo, conservali nel tuo nome".

Vers. 12 -"Quelli che tu mi hai dati li ho anche custoditi".

Vers. 15 - "Non li togliere dal mondo, ma preservali dal maligno".

Vers. 17 - "Santificali nella verità;  la tua Parola è verità".

Vers. 21 - "Che tutti siano uno".

Vers.24 - "... dove sono io, siano con me quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria..."

Questa sequenza di richieste non si riferisce perfettamente alla nostra vita di cristiani?  E se noi realizzia­mo queste cose, non è perché siamo stati affidati a Dio da Cristo stesso?

La presenza divina assicurata dallo Spirito Santo

Dio risponde immediatamente alla preghiera di Cristo, procurando un mezzo per essere sotto l'affidamento dell'Eterno: "La continua presenza divina in noi", ossia il Consolatore, lo Spirito Santo.

Giov. 14:16-18  - “Il Padre vi darà un Consolatore che stia con voi sempre.... non sarete orfani”.

Giov. 15:26 - "Lo Spirito della verità che procede dal Padre testimonierà di me".

Giov. 18:8 "Lo Spirito Santo convincerà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio".

Giov.  16:14 – “Lo Spirito Santo mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà".

Ricordiamo ancora che, prima di ascendere al cielo, Gesù dirà "Lo Spirito Santo vi darà potenza" (Atti 1:8). 

Ecco quindi il segreto dei credenti: in loro c'è la presenza di Dio, il loro corpo è il Tempio dello Spirito Santo.

Analizzando attentamente le parole di Gesù sullo Spirito Santo pronunciate durante l'ultima cena, apprendiamo che esso sarà "per sempre" con i figli di Dio, che esso "testimonia" di Cristo, cioè della verità, che esso è "spinta" e "mezzo di testimonianza nel mondo”, che "convince" il mondo di peccato,  quindi lo porta alla conversione, e che infine esso "parla" ai credenti della gloria di Cristo.

La prova di noi stessi: un confronto continuo con la volontà di Dio

Il quadro meraviglioso tracciato dalle parole di Gesù durante l'ultima cena subisce però un brusco impatto con la realtà e col peccato,  quando Cristo accenna al tradimento che dovrà subire.

Giov.13:21-22".... in verità vi dico che uno di voi mi tradirà... I discepoli si guardavano l'un l'altro……” 

Si tratta senza dubbio di una affermazione drammatica e grave. Cerchiamo di immaginarci la scena, la­sciando da parte la figura del traditore Giuda che lascia il convito scomparendo nella notte (ed era notte anche nel suo cuore); soffermiamoci invece sugli altri discepoli: la prima reazione fu di stupore, certamen­te.  Ma subito dopo subentrò in loro un altro sentimento: sicuramente e con immediatezza ciascuno di loro fece un rapido esame di coscienza. Com'è la mia vita? Potrei mai essere io a tradire il Signore?  Forse pen­savano in questo modo.... quante domande .... e quante silenziose risposte!

Si guardavano smarriti, ma intanto "provavano se stessi".

1 Corinzi 11:28 – “Or provi l'uomo se stesso, e così mangi del pane e beva del calice”. La facciamo anche noi questa prova, fratelli, non solo quando ci accostiamo ai simboli, ma in ogni momento della nostra vita? E’ un confronto importante: la nostra vita reale di fronte alla volontà del Signore. E quante volte dobbiamo chiedere perdono a Dio per le nostre insufficienze, per le nostre deviazioni !  Provare noi stessi è una azione continua che il credente deve svolgere sotto la guida dello Spirito Santo. Se ci troviamo in difetto, la prima cosa è quella di confessare la nostra mancanza al Signore per ottenere il suo perdono. Ma questa regola di vita cristiana non viene anche definita "santificazione"?

Il ricordo oggi – La gioia domani

Matteo 26:26-29- "Ora, mentre mangiavano, Gesù prese del pane….."   La rammemorazione fu una istitu­zione inaugurata da Cristo durante l'ultima cena, e che durerà per tutta l’eternità, come dice il testo.

Attualmente ha un significato solenne di ricordo, durante la lode e l'adorazione. Nel cielo avrà un significato di comunione felice col Signore per tutta l'eternità.  Notiamo ancora che il Signore è presente in spirito in mezzo a noi, nel cielo sarà presente a tavola con noi nella realtà. Sarà tutto diverso in questo convito futuro, dove regnerà un'atmosfera di pace e di allegrezza eterna.  E anche il vino.... sarà diverso: “lo berrò nuovo”.

Le relazioni cristiane – L’amore reciproco disinteressato e l’amore di Dio per noi

Giov. 13:4-5  -  “Si levò da tavola, depose le sue vesti,  prese un asciugatoio e se ne cinse. Poi mise dell'acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi ai discepoli, e ad asciugarli....”

Giov.13:14-15 - “.... anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come ho fatto io”.

Giov. 13:34-35  - “Io vi  dò un nuovo comandamento:  che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli....”.

Ecco un'altra serie di lezioni da quest’ultima cena del Signore:  la correzione reciproca espressa dal fatto di "lavarci i piedi gli uni con gli altri”,  quindi una reciproca manifestazione di umiltà nella mutua correzione; e la manifestazione di amore reciproco, che è testimonianza per gli altri.

Umiltà ed amore, qualità che spesso difettano in noi. In un'altra parte della Scrittura c'è l'esortazione a "pregiare altrui più che se stesso".  Ma non penso che occorra dilungarci ancora su questi argomenti, per­ché le parole e l'esempio di Cristo parlano da soli.

Vorrei solo notare che Gesù definisce il comandamento dell'amore come "nuovo".  Perché?  Intanto lo para­gona al suo amore per i suoi, e questo è veramente grande per noi. Ma non solo, l'amore fraterno è una forma di testimonianza.

“Da questo conosceranno che siete miei discepoli”. Abbiamo mai pensato che non amandoci diamo cattiva testimonianza? Comprendiamo allora perchè è un comandamento nuovo?

La promessa

Giungiamo ora alla chiusura "dell'anello". Giov. 14:2-4  - "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore.... io vado a prepararvi un luogo. E quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso dl me, affinché dove sono io, siate anche voi; e dove io vado sapete anche la via”.

"La promessa della casa celeste". Sono queste le meravigliose parole di Cristo che cementano la nostra speranza e che accennano alla vita futura nei cieli presso di lui per tutta l'eternità.

Ma ci fanno pensare anche le parole "dove io vado sapete anche la via", perché noi credenti sappiamo qual è questa via: per mezzo di essa raggiungeremo la gioia eterna.

Non lo sapeva ancora Toma, come abbiamo visto all'inizio, e Gesù gli risponde “Io sono la via.….”.

La chiusura dell’anello

L'anello si è chiuso; percorrendolo abbiamo visto tutta la vita dei figli di Dio nei loro rapporti con l'Eterno.

Tutto questo traspare dagli episodi e dalle parole di Gesù durante l’ultima cena.

Ma allora, non è stata una benedizione per ciascuno di noi esaminare questo fatto anche da un punto di vista globale?

Veramente la Parola del Signore è una fonte inesauribile di insegnamenti.

 

Ricordiamo gli argomenti accennati in questa analisi:

- Gesù si presenta come mezzo per accedere al Padre.

- Gesù vuole la nostra unione con lui.

- Gesù ci affida a Dio.

- Gesù ci promette la presenza di Dio per mezzo dello Spirito Santo.

- Gesù ci induce a fare continuamente la prova di noi stessi, per proseguire nella santificazione.

- Gesù istituisce il ricordo del suo sacrificio.

- Gesù ci insegna quali e come devono essere le nostre relazioni fraterne.

- Gesù ci promette l'eredità celeste.

 

Il Signore voglia assisterci e predisporre i nostri cuori all'adorazione.

 

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Mario Valente