IL SACERDOZIO DI CRISTO

IL  SACERDOZIO  DI  CRISTO

(Epistola agli Ebrei cap. 4:14-16;  5:1-10; cap. 8; cap. 7)

 

Introduzione

Il Sacerdozio di Cristo non è un argomento che si tratta con frequenza.

Siamo abituati a parlare del Signore Gesù come Colui che è morto sulla croce per i nostri peccati e che poi è risorto. Di solito ci si ferma a questo punto e generalmente non si parla dell’opera che Egli sta svolgendo attualmente a nostro favore, cioè quella di Sommo Sacerdote o intermediario tra noi e il Padre.

Ma dobbiamo notare che l’argomento centrale dell’epistola agli Ebrei è la superiorità del Nuovo Patto tra Dio e gli uomini, di cui Cristo è garante in qualità di Sommo Sacerdote.

Il passo chiave di questo tema potrebbe proprio essere quello di Ebrei 4:14-16, che ci accingiamo a commentare.

Per iniziare questa meditazione possiamo fare riferimento a Levitico 16, dove è descritta una delle maggiori feste ebraiche: quella annuale “delle espiazioni”.

In quel brano dell’Antico Testamento è descritto il Sommo Sacerdote mentre sacrifica sull’altare nel cortile del Tabernacolo le vittime espiatorie per i peccati propri e per quelli del popolo.

Successivamente egli porta nel luogo santissimo il sangue delle vittime e lo sparge sul propiziatorio dell’Arca davanti alla presenza di Dio.

Infine, uscito dal santuario, annuncia al popolo che l’espiazione annuale è compiuta e il favore di Dio è assicurato alla nazione.

Nello stesso modo il ministero sacerdotale di Cristo si esprime in tre fasi analoghe a quelle dell’Antico patto:

Egli prima ha offerto a Dio il sacrificio di se stesso sulla croce, espiando i nostri peccati (vedi l’offerta nel cortile del Tabernacolo).

Poi in cielo, nel santuario celeste di Dio (vedi luogo santissimo), Egli presenta al Padre il sangue del Suo sacrificio.

Infine, quando ci rapirà con Lui nel cielo, ci benedirà e ci darà il possesso concreto della salvezza che ci ha acquistata.

Ma questa, in sintesi, non è altro che la Sua funzione di Sommo Sacerdote.

 

Leggiamo Ebrei 4:14-16 – Cristo è il vero Sommo Sacerdote

L’autore dell’epistola definisce il Figlio di Dio come Sacerdote “grande” e “sommo”. Si tratta per la verità di due attributi simili, ma nei riguardi di Cristo, come si vedrà nel corso di questa analisi, essi sono perfettamente appropriati.

E in virtù di questa grandezza, siamo esortati ad essere fermi nella fede che abbiamo professato. Sembra che ci venga richiesto: “Attenetevi a Lui, altrimenti a chi ce ne andremo? Dove potremmo trovare qualcuno come Lui?”

Un altro motivo di grandezza è costituito dal fatto che Egli è il Figlio di Dio e che “è passato attraverso i cieli”, cosa possibile a Lui soltanto.

Il fatto poi che Egli simpatizzi con noi nelle nostre debolezze ci dimostra quanto ci comprende. Non dobbiamo dimenticare che Egli è stato tentato nella stessa maniera in cui spesso siamo tentati noi, con la differenza che Egli non è mai caduto nel peccato. Però è consolante pensare che il Figlio di Dio dimostri “simpatia” verso di noi, perché in questo sentimento, che certamente non meritiamo, è compresa tutta la compassione, la misericordia e il perdono nei nostri riguardi.

Per questi motivi possiamo, direi “dobbiamo”, accostarci a Lui con piena fiducia, sapendo su “Chi” possiamo contare. Nello stesso tempo l’azione di accostarci a Lui è la manifestazione della nostra sincera adorazione, lode e ringraziamento.

E questo non deve essere un fatto formale o abitudinario, ma un bisogno che esce dal nostro cuore, perché in Lui riponiamo tutta la nostra fiducia.

Infine l’accostamento dei credenti al Signore e al Suo trono di grazia, ossia dove regna Colui che dà la grazia, è un prezioso incoraggiamento per noi che viviamo circondati da tentazioni e pericoli di ogni genere. Presso quel trono dunque otteniamo misericordia e soccorso al momento opportuno, cioè riceviamo un aiuto corrispondente alle circostanze in cui veniamo a trovarci.

 

 

Leggiamo Ebrei 5:1-10 – Gesù Sommo Sacerdote superiore a quelli dell’Antico Patto

Il sacerdozio degli uomini era stabilito per favorire l’umanità nei suoi rapporti con Dio. I sacerdoti dovevano offrire qualcosa al Signore affinché i loro peccati e quelli di coloro che rappresentavano fossero perdonati.

L’autore dice che si trattava di un atto di comprensione nei confronti degli altri uomini, provocato dalla compassione verso chi era soggetto alle stesse debolezze di chi esercitava il sacerdozio.

Il sacerdozio giudaico dell’Antico Patto doveva avere questi princìpi, ma esso non era che l’ombra del sacerdozio di Cristo, l’unico perfetto, l’unico capace di avvicinarci al Padre, l’unico stabile in eterno.

Viene fatto notare che nessuno poteva da solo prendersi l’onore di nominarsi Sacerdote, ma questo incarico era riservato a chi era preposto da Dio, come fu per Aronne.

Secondo le norme ebraiche il sacerdote doveva avere tre caratteristiche principali:

-          Doveva essere preso o scelto dagli uomini, secondo le indicazioni di Dio (vedi la tribù di Levi).

-          Doveva essere nominato per il bene degli uomini nelle cose riguardanti Dio.

-          Doveva offrire a Dio doni e sacrifici per i peccati.

Nel Nuovo Patto le cose cambiano: solo Cristo è il Sommo Sacerdote che possiede i requisiti di tale funzione, in quanto è senza peccato, simpatizza con gli uomini, offre un sacrificio adeguato (se stesso!) per l’espiazione dei peccati.

Occorre dire però che anche i credenti, per mezzo della loro unione con Cristo, devono svolgere una forma di sacerdozio particolare, offrendo a Dio sacrifici di lode e di adorazione, anche se il Nuovo Testamento non riporta a questo proposito nessuna descrizione di una “casta sacerdotale” all’infuori di quella di Cristo e dei suoi. Pertanto chi nella chiesa annuncia l’evangelo non è più “sacerdote” dell’ultimo credente della comunità. Chi invece pretende di svolgere un sacerdozio speciale, distoglie gli altri dal rivolgersi all’unico vero Sommo Sacerdote, cioè Cristo, l’unico che ha questa funzione in virtù di un giuramento di Dio.

Cristo durante la sua incarnazione dovette patire molte sofferenze, provò il timore della morte, gridò con lacrime a Dio per essere liberato (Getsemani), tuttavia accettò il sacrificio dimostrando ubbidienza al Padre. Egli compì tutto questo per ottenere il perdono dei nostri peccati e per la nostra salvezza eterna.

Avendo subìto tutti questi patimenti e sofferenze, Cristo è quindi in grado di avere simpatia e comprensione con i deboli, con quelli che sono tentati e con quelli che sono nelle prove.

Inoltre c’è da notare che, se Egli, che era pur sempre Figlio di Dio, dovette soffrire, anche i credenti devono esercitare la loro pazienza se attraversano la sofferenza. Questo dovrebbe far crescere la loro esperienza, la loro ubbidienza a Dio e quindi la loro santificazione. Inoltre è proprio nella prova che un credente sincero si avvicina di più a Dio mediante la preghiera.

Cristo è per noi un esempio di ubbidienza: Egli fu ubbidiente al Padre sino alla morte sulla croce.

Analogamente è data la grazia e la salvezza a tutti coloro che gli ubbidiscono, E questa, per chi è già credente, è anche la strada della santificazione e della perfezione.

Leggiamo Ebrei cap. 8 – Il patto nuovo

La posizione attuale di Cristo seduto alla destra di Dio è un posto d’onore, ma è anche la condizione di Chi intercede per noi. Questo ci dice che l’opera di Cristo non è terminata alla croce, non è terminata alla Sua resurrezione, non è terminata con la Sua ascensione al cielo e non è nemmeno terminata con la discesa dello Spirito Santo alla Pentecoste. La sua opera continua oggi e durerà sempre.

Per questo abbiamo bisogno di un Sommo Sacerdote eterno.

Lo scrittore di questa epistola parla del nuovo patto tra Dio e gli uomini, che noi sappiamo basato sull’opera di Cristo, richiamando il famoso passo di Geremia 31:31-34, e del quale riporto i punti essenziali:

-          “Farò un patto nuovo con loro (gli uomini) : metterò le mie leggi nelle loro menti e nei loro cuori”.

-          “Sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo”.

-          “Avrò misericordia delle loro iniquità”.

-          “Non mi ricorderò più dei loro peccati”.

Questa importante promessa, pronunciata circa seicento anni prima della venuta di Cristo nel mondo, oggi la stiamo vivendo. Infatti:

Il patto nuovo che Dio ha stipulato ci permette di avvicinarci a Lui, di diventare Suoi figli, di avere una eredità nei cieli. Tutto questo per mezzo dell’opera sacerdotale di Cristo.

Non solo, ma le leggi di Dio le abbiamo costantemente con noi attraverso la Sua Parola e attraverso lo Spirito Santo; le seguiamo, le viviamo, le abbiamo nelle nostre menti, le abbiamo fatte nostre perché le abbiamo nei nostri cuori.

Costituiamo, per mezzo di questo nuovo Patto, un nuovo Regno, quello di Dio. Un Regno di credenti che attende di entrare in possesso della sua eredità celeste nei cieli, come Cristo ha promesso.

Abbiamo in questo nuovo Patto ottenuto il perdono dei nostri peccati, perché Dio ha usato misericordia nei nostri riguardi giudicando il Suo Figlio al posto nostro.

Infine è per noi estremamente consolante l’ultima affermazione di Dio riguardante il Patto nuovo: Egli ha deciso di non ricordarsi più dei nostri peccati! Egli, a differenza degli uomini, può comandare la sua memoria!

Veramente esistono dei motivi importantissimi per adorare e ringraziare Dio per la stipulazione di questo Nuovo Patto, di cui Egli è l’autore e il Suo Figlio il garante.

 

Leggiamo Ebrei cap 7 – Gesù Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec

La vittoria di Abramo - Nel capitolo 14 della Genesi troviamo Abramo in Canan, terra di battaglie e di contrasti.  La permanenza di Abramo non fu tranquilla, perché dovette combattere diverse volte. Il capitolo 14 ci dà la descrizione di queste battaglie e, al termine, ecco l'ultima: il colpo di mano effettuato da Abramo per liberare il parente Lot.  Fu veramente un capolavoro di strategia militare che oggi verrebbe chiamato "azione da commandos”,  perché la battaglia si svolse con pochi uomini fidati, solo 318, al comando di Abramo; fu condotta di notte perché si doveva contare sul fattore sorpresa dato per l’appunto dalle tenebre. La vittoria arrise ad Abramo, che riportò un successo sensazionale, in quanto non solo liberò il suo parente, ma ricuperò tutto il materiale. Genesi 14:16 - "Ricuperò così  tutti i beni e ricondusse pure Lot suo fratello, con i suoi beni, e anche le donne e il popolo".

Le benedizioni di Melchisedek - Al ritorno da questa fantastica vittoria avviene l’incontro tra Abramo e Melchisedek  Genesi 14:18-20 - "E Melchisedek, re di Salem,  fece portare del pane e del vino. Egli era Sacerdote dell'Iddio Altissimo. Ed egli benedisse Abramo dicendo: Benedetto sia Abramo dall'Iddio Altissimo, padrone dei cieli e della terra! E benedetto sia l’Iddio Altissimo che ti ha dato in mano i tuoi nemici! – E Abramo gli diede la decima di ogni cosa".

Chi è dunque questo personaggio che appare qui all’improvviso sul cammino di Abramo?

Si tratta certo di una figura molto importante se Abramo stesso gli si rivolge con deferenza. Ma soprattutto si tratta di una figura molto simbolica se il suo nome e la sua posizione, il suo ufficio, sono ripresi in altre parti della Bibbia.

Vediamo quindi cosa dice la Scrittura a proposito di  Melchisedek.

In tutti i riferimenti troviamo un accostamento tra Cristo e questo misterioso personaggio. E' un Sacerdote, sorto dal nulla, sorto all’improvviso, che però costituisce un ordine, un sistema, una funzione: quella di un sacerdozio eterno. Non solo, ma come dice il Salmo 110:4  - “L'Eterno l’ha giurato e non si pentirà: tu sei Sacerdote in eterno, secondo l'ordine di Melchisedek", la sua funzione è voluta da Dio, perché viene presa come esempio per spiegare quella eterna svolta da Cristo, che è tale per una affermazione divina e solenne: un giuramento di Dio!

Quindi questo Melchisedek è veramente un personaggio che riveste un ruolo importantissimo: è un esempio di Cristo, accostato ad una dichiarazione solenne di Dio, cioè un giuramento !

Ancora in altre parti della Scrittura, come Ebrei 5:6, dove sono ripetute le stesse parole del Salmo 110:4, oppure in Ebrei 5:10 -   “Cristo è autore di salvezza eterna, essendo da Dio proclamato Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Melchisedek, e in Ebrei 6:19-20 - "Questa speranza la consideriamo come un'ancora dell'anima, sicura e ferma, che penetra oltre il velo dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato Sommo Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek", è confermato questo "ordine di Melchisedek".  In che cosa consiste quindi questa ­funzione, questo "ordine", come dice la Bibbia a  proposito di Melchisedek e di Cristo ?

Sacerdote dell’Iddio Altissimo - Penso che dovremmo esaminare dettagliatamente le caratteristiche di questa persona che appare ad Abramo, non molte per la verità, perché la Parola è piuttosto... laconica a questo riguardo, ma in compenso altamente significative.

Analizziamo parallelamente Genesi 14:1-20 ed Ebrei 7:1 a 10.

Melchisedek era Sacerdote dell’Iddio Altissimo. La Bibbia non dice come assunse questo incarico, perché egli appare all'improvviso senza accenni alla sua famiglia e alla sua tribù, senza accenni sui suoi antenati, quindi senza genealogia. Non aveva nè padre, nè madre, nè data di nascita, quindi simbolicamente eterno.

Quale meraviglioso accostamento con la figura di Gesù ! Gesù, essendo Dio, è eterno. Non ha famiglia terrena, non ha nascita, nè morte;  esercita una funzione eterna, cioè quella di Sacerdote eterno, intermediario eterno tra Dio e noi.

Melchisedek non apparteneva alla tribù di Levi - I leviti avevano il diritto di percepire le decime dal popolo, ossia le offerte. Tramite la loro funzione di sacerdoti rappresentavano il popolo davanti a Dio. Ma era stato Dio stesso a dare loro questo incarico - Deuteronomio 10:8- "In quel tempo l'Eterno separò la tribù di Levi per portare l'Arca del patto dell'Eterno, per stare davanti all'Eterno ed essere suoi ministri (cioè Sacerdoti), e per dare la benedizione nel nome di lui …”

Nell'episodio dell'incontro tra Melchisedek e Abramo assistiamo a qualcosa di molto diverso dalle regole dell'Antico Patto e dalla tradizione; abbiamo un capovolgimento di posizioni:  Abramo, che rappresenta tutta la sua discendenza e quindi anche i leviti, offre a questo sacerdote, non di discendenza levita, la sua decima. Simbolicamente in Melchisedek si nota una superiorità di sacerdozio rispetto a quello tradizionale dell'Antico patto.

E Gesù, di cui  Melchisedek è figura, non ha in sé

- una funzione di Sacerdote eterno superiore a quella del patto antico?

Il nome - Melchisedek.. Innanzi tutto questo nome è già esso un significato, perchè vuol dire Re di giustizia e Re di Salem, o Re di pace. Anche Cristo viene definito dalla Parola di Dio con questi appellativi: Re di giustizia, come accenna Paolo in 1 Corinzi 1:30- "Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per volontà di Dio è stato fatto per noi sapienza e giustizia, santificazione e redenzione".

E poi anche come Re o Principe di pace come dice Isaia 9:5- "Poiché un fanciullo ci è nato, un figlio ci è stato dato, e l'imperio riposerà sulle sue spalle;  sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace".

Ricordiamo che Salem o Shalom significa pace ed è ancora oggi il saluto ebraico.

E' interessante, dopo una guerra giusta e vittoriosa, l’apparizione di un personaggio con gli appellativi di giustizia e di pa­ce. Analogamente anche noi abbiamo, per mezzo di Cristo, vinto la nostra battaglia sul peccato e incontriamo nella nostra vita proprio Cristo stesso, nostra giustizia o giustificazione e nostra pace.

Il pane e il vino - Melchisedek, quando incontra Abramo, fa portare del pane e del vino. E anche noi quando siamo riuniti attorno al Signo­re, alla sua Tavola, in questi incontri abbiamo come simboli proprio il pane e il vino, che ci ricordano il suo sacrificio per noi, per darci la vittoria.

Le benedizioni di Gesù - Tornando all'incontro tra Melchisedek e Abramo notiamo altri particolari, cioè vediamo che Melchisedek pronuncia due benedizioni: una per Abramo, da parte di Dio;  e l’altra per il  Signore che lo aveva fatto vincere.

Anche il Signore Gesù, quando iniziò il suo ministerio pubbico, pronunciò parole di benedizione o 'beatitudini" verso di noi (Sermone sul monte) e, quasi al termine del suo ministerio terreno ebbe parole di lode verso Dio, come risulta dalla preghiera sacerdotale di Giovanni cap. 17. Notiamo ancora la sua funzione di Sacerdote appunto nella preghiera chiamata "sacerdotale"

La decima - Cosa fece Abramo per  Melchisedek?  Gli diede la decima di ogni cosa. E cosa vuole il Signore da ciascuno di noi? Le nostre offerte, la nostra decima simbolca o reale che sia. In Romani 12:1 Paolo ci esorta cosi: 'Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale". Penso che Paolo intenda riferirsi alle nostre forze, alle nostre capacità, al nostro tempo libero, alle nostre virtù, racchiudendo tutti questi concetti nella voce unica : "i vostri. corpi".

Proprio a Melchisedek, Abramo, che era un patriarca, dà la sua decima, riconoscendo la grandezza di questo sacerdote.

E noi non riconosciamo la grandezza di Cristo in ogni momento della nostra vita ? Cosa facciamo concretamente per dare a Lui la nostra umile offerta?  Anche noi svolgiamo la nostra funzione di sacerdoti in forma reciproca (Apocalisse 1:6).

Melchidedec e Abramo rappresentano inoltre due tipi di fede pura in mezzo ad una generazione caduta nel peccato. Potrebbero essere contemporaneamente figura ed esempio dei rapporti fra credenti che, con la loro generosità, la loro purezza, la loro nobiltà di sentimenti, si esprimono reciprocamente la propria stima e apprezzamento.

Infatti Melchisedec riconosce la posizione di Abramo come generale e come condottiero valoroso, e manifesta apertamente la sua stima andandogli incontro e benedicendolo.

Anche Abramo riconosce la posizione di Melchisedec come Sacerdote dell’Iddio Altissimo e gli dimostra la sua deferenza facendogli omaggio della decima del bottino.

Anche da questi atteggiamenti possiamo imparare come dovrebbero essere sempre i nostri rapporti reciproci.

Il giuramento di Dio - Melchisedek non era un discendente di Levi, ma di un'altra stirpe, ed era simbolicamente un Sacerdote eterno.

Anche Cristo non fa parte della stirpe di Levi, ed egli è venuto per porre termine a quel tipo dl sacerdozio e per instaurar­ne un altro. Egli sorge, come Melchisedek, improvvisamente sulla scena del mondo. Viene per abolire l’ordine precedente, l'ordine sacerdotale antico per instaurarne uno nuovo: l’ordine di Melchisedek.

I comandamenti precedenti vengono aboliti perché deboli ed inutili ormai, e Gesù viene nominato "Sacerdote eterno" non per discendenza familiare (in base al quale principio potevano assurgere a questo incarico anche persone indegne), ma per volere di Dio;  volere solenne di Dio; giuramento di Dio. Nessun altro sacerdote era mai stato onorato di una simile investitura.

Cristo è inoltre garante di un patto migliore del primo, perché egli è un Sacerdote eterno, come appunto risulta simbolicamente il significato di Melchisedek;  mentre gli altri sacerdoti erano tali fin quando vivevano.

Il suo sacerdozio non si trasmette, non è ereditario; egli è un Sacerdote unico, e noi abbiamo un unico intercessore tra noi e Dio, un intercessore eterno, un avvocato presso il Padre celeste.

Gesù è l'unico nostro Sacerdote che poteva veramente fare al caso nostro, perché egli ha presentato per noi un sacri­ficio a Dio che ha soddisfatto la sua giustizia per sempre.

Il parallelo tra Melchisedek e Cristo - Quale differenza con i sacrifici dell'Antico patto, e quale differenza con gli effimeri sacrifici che ancora oggi l'uomo cerca di offrire a Dio!

Nella vita di Abramo appare Melchisedek come una meteora, come un Sacerdote misterioso nella sua funzione; da lui Abramo riceve benedizioni, e a lui dà la sua offerta

Nella vita dei credente è apparso Cristo improvvisamente, misterioso nel suo amore e nel suo sacerdozio; da lui i credenti ricevono innumerevoli benedizioni, da lui hanno ricevuto la giustificazione eterna.

A Lui dunque occorre dare la nostra offerta di lode, espressa con le nostre labbra e con la nostra vita pratica.

Mario Valente