LE TRE RESURREZIONI OPERATE DA GESU'

 

LE  TRE  RESURREZIONI  OPERATE  DA  GESU'

e i comportamenti cristiani

 

Il "filo conduttore"  - Leggiamo Colossesi 3:17  "Qualunque cosa facciate, in parola o in opera,  fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui". Ecco la conseguenza della fede che traspare dalle parole di questo versetto: viene espresso chiaramente quale deve essere il cammino del cristiano.

Il concetto contenuto in questo brano della Parola di Dio sarà il "filo conduttore" di questa meditazione.  

Possa essere però,  soprattutto, anche il filo conduttore della nostra vita!

Non è sempre facile seguire le direttive della Scrittura: come non è agevole per l'uomo del mondo così radicato nella sua incredulità, porre la sua fiducia nel Signore, in quanto una conversione è sempre un miracolo di Dio - così non è facile per i credenti fare ogni cosa nel "nome di Cristo''. Se esaminassimo noi stessi con sincerità, confrontandoci con la Parola di Dio, quante volte ci accorgeremmo di essere fuori posto!

Troppo spesso le nostre parole e le nostre azioni si allontanano dalla linea che la Scrittura ci indica.

La "famiglia" dei figli di Dio

Entrando nell'argomento della nostra meditazione,  leggiamo Luca 7:11 a 15 - Si  tratta della resurrezione del figlio della vedova di Nain.  Vorrei  che sottolineassimo queste parole: 

"SI LEVO’ ……..  E COMINCIO’ A PARLARE, E GESU’ LO  DIEDE A SUA MADRE.”

Anche i credenti sono rinati ad una nuova vita quando hanno accettato il Signore. Anche i credenti "si sono levati'' e hanno lasciato la morte a cui li portava il peccato, per mezzo di Cristo; dopo "hanno cominciato a parlare". A chi? In primo luogo  a coloro  i quali  hanno ascoltato  la testimonianza data in occasione del loro battesimo, e poi continuano a parlare ad altri della bellezza dell’Evangelo...

Ma il Signore Gesù fece altro, dopo aver operato questa resurrezione: non lasciò questo giovane risorto in mezzo alla via, non lo abbandonò al suo destino, non lo lasciò alla mercè dei viandanti. Egli "lo diede a sua madre". Lo diede ad una famiglia, lo inserì in una casa. La madre era la persona che più di altri avrebbe potuto amarlo, che più di tutti avrebbe potuto manifestare verso di lui questo sentimento. Non fu più solo quel giovane risorto, ma ebbe qualcuno vicino che lo amò, ebbe sua madre.

Cosa può indicarci questa vicenda? Come ci comportiamo con quei credenti, giovani nella fede, che appena ... balbettano parole di grazia? Trovano in noi una famiglia, trovano un amore sincero, sono circondati da un'atmosfera fraterna particolare? Oppure,  come purtroppo spesso accade,  trovano attorno freddezza e disinteresse?

Gesù "lo diede a sua madre'',  e,  implicitamente,  le affidò un compito.  Le parole di  Cristo potrebbero essere rivolte anche a noi, e, in tal caso, avrebbero il senso di un dolce rimprovero: non dimentichiamo che siamo debitori gli uni verso gli altri di due manifestazioni importanti, cioè l'amore e l'edificazione (Romani 13:8 e 14:9).

C'è ancora un'altra considerazione da fare; la madre era una vedova, quindi probabilmente era sola e i suoi mezzi di sostentamento erano scarsi. Aveva bisogno del figlio. Era necessario che stessero insieme, ma era anche un "ordine" di Gesù.

Parallelamente, ognuno di noi deve aver bisogno dell'altro, proprio come il figlio che doveva aver bisogno della madre e della madre che doveva aver bisogno del figlio. Così quindi, quella grande famiglia che è la chiesa locale, deve aver bisogno dell'unione: i giovani hanno bisogno dei più maturi e gli anziani hanno bisogno dei giovani. Percepire questo "bisogno'' reciproco costituisce uno dei presupposti più importanti dell'unità. Ricordiamo che essa è voluta da Dio (Giovanni 17:21), il Signore non vuole barriere, non vuole isolamenti, non vuole che esistano delle incomprensioni. Egli vuole dai suoi figli  una unione intima,  una comprensione reciproca,  una vera comunione basata sull'amore degli uni per gli altri, come avviene in una buona famiglia.

Siamo capaci di raggiungere e di conservare questo risultato? Ricordiamo che esso è un privilegio.

Ritornano, come un dolce mònito, le parole di Colossesi 3:17: "Qualunque cosa facciate ... fatela nel nome del Signore Gesù".

Il nutrimento reciproco

Leggiamo Luca 8:49 a 55 - E' l'episodio della resurrezione della figlia di Jairo. Anche in questo brano vorrei  sottolineare le parole:  "SI ALZO' SUBITO, E GESU' COMANDO’ CHE LE SI DESSE DA MANGIARE".

Ecco un'altra figura dei credenti che si rialzano dalla morte a cui li portava il peccato, per mezzo di Cristo.

In questo episodio sembra che la fanciulla avesse il bisogno immediato di nutrirsi; così appare dalle parole di Gesù. Ma il cibo non avrebbe dovuto andare a cercarselo da sola, perché Gesù non le disse di andare a mangiare da qualche parte, ma "comandò" che le si desse da mangiare.

E' quindi un comandamento del Signore "dare da mangiare agli altri''. Il dare da mangiare però non riguarda soltanto l'ospitalità, che, comunque, nella Parola di Dio è richiesto dì praticare senza dimenticarsene. (E bene lo fanno le nostre sorelle quando nelle nostre case giunge un ospite!).  Ma non è solo questo il cibo che Gesù comanda di dare, ma è anche il cibo spirituale, l'insegnamento, l'esortazione, la consolazione, la parola di sapienza. Tutto ciò fa crescere spiritualmente, e, in una parola molto nota:  EDIFICA, ossia costruisce. Verso coloro che si sono alzati da poco, siamo in grado di offrire del nutrimento?

 

Notiamo ancora che, come anche nell'episodio precedente, non si trattò di una azione isolata nel tempo: nel primo caso il giovane ritrovò una famiglia e una madre, e quindi una condizione durevole; in questo secondo caso la ragazza ricevette del cibo, ma non possiamo pensare che lo ricevette per una volta sola, ma certamente per più volte!

Estendendo il significato, anche noi abbiamo bisogno sempre di nutrirci vicendevolmente, in modo da edificarci e crescere spiritualmente. Na spesso succede che abbiamo poco da offrire ... è come se la nostra tavola fosse ben imbandita, però con pochissimi tozzi di pane sopra e nulla più...

Non solo a volte il cibo è scarso, ma spesso succede che esso è di limitato contenuto nutritivo. A questo proposito la Parola ci parla di cibo sodo. Oggi, specialmente i dietologi, e quelli che seguono le loro prescrizioni, sono informatissimi nell'attribuzione e nella valutazione del potere calorico degli alimenti. Cari  fratelli,  il cibo spirituale che ci  scambiamo, quale potere calorico possiede?

C'è anche il caso inverso: non c’è possibilità di offrire da mangiare, perché ... non ci sono ospiti! Il dare da mangiare è un ordine del Signore che impegna ... tutti i commensali: sia chi offre, ma anche chi riceve. Siamo quindi anche invitati a ricevere. Quante benedizioni a volte perdiamo con il nostro assenteismo!  Come potremmo parlare delle cose che riguardano il Signore a chi ne è ancora lontano,  se non abbiamo ricevuto nulla da trasmettere? Come possiamo crescere e servire l'Eterno, se siamo denutriti spiritualmente?  Qual è il nostro cibo spirituale se non quello offertoci dalla Parola di Dio mediante lo studio?

"Comandò che le si desse da mangiare".  Si tratta di un comando indirizzato a destinatari non definiti, ma comunque a tutti quelli che in quel momento erano accanto alla ragazza. Non c'erano degli addetti particolari; essi per poter ubbidire alla richiesta di Gesù dovevano avere del cibo.

E noi abbiamo sempre del cibo da dare?  Il Signore non disse ai presenti: “Chi ha del cibo, glielo dia”, ma comandò alle persone attorno alla ragazza di darne.  Se non acquisiamo del cibo spirituale, come possiamo nutrirci a vicenda?

"Comandò che le si desse da mangiare". Chiaramente quest'ordine ha anche riferimento nel campo sociale e  assistenziale.  Spesso dimentichiamo questo aspetto,  ma  se pensassimo  veramente  al significato del  comandamento:  "Ama il  tuo prossimo come  te stesso'',  certamente non potremmo restare insensibili verso quelli (non solo i credenti) che hanno bisogno di aiuto.

Ritorna ancora in mente il passo ai Colossesi 3:17 "Qualunque cosa facciate  .. fatela nel nome del Signore Gesù"

Scioglimento degli impedimenti

Leggiamo infine Giovanni 11:38 a 44 - La resurrezione di Lazzaro.  Notiamo in questo brano le parole:

"E  LAZZARO USCI'….. GESU'  DISSE  LORO:  SCIOGLIETELO  E  LASCIATELO  ANDARE".

Ecco ancora un altra figura dei credenti che escono dalle tenebre del peccato e della morte.

In questa occasione Gesù comandò due cose, e nelle sue parole troviamo dei profondi insegnamenti.

Abbiamo considerato come il credente abbia bisogno dell'amore di una famiglia e abbia bisogno di nutrirsi per poter crescere spiritualmente; in sostanza deve ricevere amore e cibo. Nell'episodio che abbiamo letto, comprendiamo ancora che il credente deve essere liberato per andare.

Lazzaro era stato fasciato da chi lo aveva deposto nella tomba, secondo l'usanza di quel tempo. Tuttavia, per mezzo della potenza di Cristo, uscì dal sepolcro, anche se era ancora avvolto dalle bende, e pertanto legato.

Quali possono essere oggi i legami che impediscono al credente di proseguire e di andare?  A volte sfuggono, perché si tratta di legami sottili, ma tenaci e resistenti. Anche noi,  proprio noi, se non ci lasciamo guidare dal Signore, se agiamo soltanto secondo la nostra natura,  siamo capaci ... di legarci, e non andiamo più avanti, non ci muoviamo più.

"Scioglietelo e lasciatelo andare" . Quali possono essere i nostri legami?  Sono diversi, come ad esempio:  la critica,  oppure  la maldicenza...  E  allora  sorgono  delle  situazioni  spiacevoli, isolamenti,  mancanza di dialogo  fraterno.  Chi ne soffre?  In primo  luogo  il  Signore,  poi  la testimonianza, poi la chiesa locale, poi ancora i fratelli e le sorelle in causa. Si risulta allora legati e non si può andare.

"Scioglietelo e lasciatelo andare" è un comandamento rivolto proprio anche a noi, maestri a volte nello stringere nodi ... meglio dei marinai più esperti!

Talvolta ci possiamo sentire legati dal timore di essere giudicati da chi ci osserva e ci ascolta, e non siamo liberi. La libertà che Cristo ci ha data, noi la soffochiamo, quasi senza rendercene conto. Se un fratello tace, se non è attivo, cosa. facciamo per scioglierlo?  L'azione di liberarci a vicenda dovrebbe essere per noi una procedura comune e continua, come la manifestazione dell'amore e il nutrimento. Si tratta di una costante correzione reciproca in atto. In una famiglia non possono esistere degli impedimenti, ma c'è libertà di parlare, di agire, dì muoversi.

La seconda parte dell'ordine di Gesù, "lasciatelo andare'',  può assumere anche un'altra figura: Può significare: "aiuta ad andare''. E chi va ha anche bisogno di aiuto. Esso può essere espresso in più modi, come, ad esempio, la preghiera e la generosità nell'aiuto pratico.

Paolo andava per il mondo a predicare l'Evangelo, ma spesso era sostenuto dalla chiesa di Antiochia.

"Lasciatelo andare" . Queste parole del  Signore Gesù risuonano quindi  anche come invito alla generosità  e alla  dimostrazione  concreta della  partecipazione  all'opera  svolta  dal  fratello impegnato, mediante l'applicazione pratica dell'amore fraterno. Quanti insegnamenti abbiamo quindi da questo invito!

 

Conclusione

Riflettiamo, cari fratelli, sulle esortazioni che la Parola di Dio ci dà circa i nostri rapporti reciproci. Tutti uniti dovremmo sempre essere pronti a manifestarci vicendevolmente l'amore, perché apparteniamo alla stessa famiglia; dovremmo essere pronti a nutrirci spiritualmente e ad aiutarci materialmente; infine, a non legarci con le nostre tendenze umane, ma essere pronti a collaborare insieme nella testimonianza.

Ci ritorna in mente, come un dolce richiamo, Colossesi 3:17: “QUALUNQUE COSA FACCIATE, IN PAROLA O IN OPERA, FATELA NEL NOME DEL SIGNORE GESU' RENDENDO GRAZIE A DIO PADRE PER MEZZO DI LUI”.

 

Questo, fratelli, è il migliore atteggiamento per servire il Signore INSIEME.

 

 

 

 

Mario Valente